Nonostante lo schiaffo senza precedenti dell’Unione europea all’Italia sull’immigrazione, ieri a fine giornata il premier Berlusconi ha chiamato il presidente della Commissione Europea, Josè Manuel Barroso. Pesano le parole rabbiose del ministro dell’Interno Roberto Maroni, bocciato su tutta la linea nella riunione del Consiglio dei ministri Interni e Affari esteri dei 27 membri Ue a Lussemburgo: «Ha senso continuare a far parte dell’Unione europea?» e poi «meglio soli che male accompagnati». Le fonti ufficiali riferiscono di «piena condivisione» tra il premier e il ministro ma la telefonata del premier a Barroso sembra proprio una “riparazione”. In serata il premier, a una convention del Pdl, sottolinea che «è sbagliato parlar male della Ue, noi siamo in Europa, ma l’Europa deve aiutarci». A metà giornata era già chiaro che l’Italia era isolata in Europa. Il Consiglio dei ministri europei vara perfino la solidarietà per Malta: Germania, Svezia, Norvegia, Portogallo, Spagna e Belgio si prenderanno i suoi richiedenti asilo. All’Italia l’Unione fornirà più risorse per Lampedusa e la Puglia, più mezzi per Frontex per il controllo delle frontiere da svolgere anche in Tunisia e non solo in mare, sostegno nelle trattative con Tunisi per i rimpatri. Ma il Consiglio dei ministri dell’Interno europei non condivide né il permesso di soggiorno temporaneo ai tunisini – definito da alcuni presenti alla riunione «un fattore di attrazione» di immigrati – né la proposta di applicazione della direttiva sulla protezione umanitaria (si veda l’articolo a fianco). I tunisini in Italia non potranno andare liberamente negli altri Stati. La Francia schiererà una compagnia della Guardia Repubblicana, gli antisommossa, per effettuare controlli «non sistematici» ma «intensi» nella fascia di 20 chilometri dalle frontiere. Maroni, da oggi, ricomincia dagli accordi con la Tunisia. Andranno valorizzati, intensificati, rinforzati. È probabile a breve non tanto la richiesta del collega leghista di governo Roberto Calderoli: «Diventa obbligatorio e urgente predisporre un blocco navale assoluto a difesa delle nostre acque e dei nostri confini». Quanto realizzare uno spostamento massiccio dei nostri mezzi sulle coste e le rotte del Mediterraneo. Ma la vigilanza sulle coste dei tunisini spetterà a loro, secondo gli accordi. I rimpatri, intanto, anche se solo di 30 persone, sono ormai quotidiani. Il resto si vedrà, intervento dopo intervento, per arrestare le partenze. Resta da vedere la coesione dentro governo e maggioranza sulle scelte politiche dell’immigrazione: un tema decisivo per i risultati delle prossime elezioni amministrative. Non tutti nel Pdl condividono le scelte di Maroni. Il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, spiega che «non è in discussione la nostra permanenza nell’Unione europea». Anche se Antonio Leone e Osvaldo Napoli (Pdl) criticano la «miopia» degli altri Paesi europei. Il presidente della Camera e leader di Fli, Gianfranco Fini, invita il governo a evitare «balletti di responsabilità» che alimentano solo «sterili polemiche» ma «non aiutano ad affrontare il problema». L’isolamento in cui si è ritrovata l’Italia al vertice di Lussemburgo, ha aggiunto Fini, dipende «dalla scelta di avere inseguito la Lega, cioè più si stava lontani dall’Europa e meglio era». Attacca il Pd: «Se siamo finiti qui – incalza il suo leader, Pier Luigi Bersani – è perché gli apprendisti stregoni della propaganda sono finiti vittime della loro propaganda e adesso ci lasciano nei guai. Se noi non abbiamo credibilità sufficiente, in Europa non avremo mai ascolto». Poi Bersani ironizza sulle parole anti Ue di Maroni: «Sento che la destra vuole portarci fuori dall’Unione europea, dove vuole portarci? Nel-l’Unione africana?». Osserva l’Udc: «Chiediamo aiuto all’Europa – afferma il numero uno, Pier Ferdinando Casini – credendo nel-l’Europa: non si può chiederle aiuto dopo che per anni la si è demonizzata».
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