La sfida a Equitalia si sposta a Roma

La manifestazione. Ma il movimento stenta a decollare

Il Sole 24 Ore
17 Giugno 2011
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ROMA – Settanta adesioni al giorno, il primo profilo su Facebook esaurito in meno di due mesi, con più di 5mila “iscritti”. Il fenomeno dei «forconi» è sempre molto forte, ma sulla carta. Ieri, le migliaia di persone che si sentono, e molti di loro certamente sono, vessati dal «fisco e dalle banche», come dice Fabrizio Fadda del movimento Antiequitalia della Sardegna, a Roma non si sono visti. In compenso, c’erano le delegazioni giunte nella Capitale da molte regioni italiane. Il fenomeno Antiequitalia rimane sostanzialmente un movimento molto forte in Sardegna ma finora poco rappresentato nel resto d’Italia. Nel corso della manifestazione di ieri, cui hanno preso parte qualche centinaio di persone, partito da Piazza della Repubblica e conclusosi in piazza Montecitorio, i dirigenti alla testa del corteo hanno bocciato l’approvazione di norme che cancellano le ipoteche sotto i 20mila euro e le ganasce fiscali per debiti sotto i 2mila euro. «È una presa in giro», hanno sostenuto, «ci vuole ben altro per dare respiro a molte aziende e famiglie che vivono una situazione di assoluta precarietà». In questa situazione, secondo i calcoli fatti dal movimento, fra il 2009 e il 2010 le banche hanno registrato un -40% degli affidamenti. Il che vuol dire che per oltre 1,5 milioni, fra imprese e famiglie, gli istituti bancari hanno chiuso ogni rapporto. Fra le proposte che i leader di Antiequitalia hanno inviato alle istituzioni c’è anche quella di una spa di diritto privato a partecipazione pubblica, che dovrebbe perseguire il fine della maggiore equità sociale possibile, diminuendo il divario tra ceti. Tra le finalità ci sarebbero l’incremento e quindi la redistribuzione delle risorse fino a ora evase, con l’attuazione di tutte le prerogative pubbliche, incentivate, però, da una premialità di tipo privatistico. Per esempio, fra i beni che secondo il movimento non dovrebbero mai, in nessun caso, essere toccati c’è la prima casa. Esattamente come accade con i beni strumentali che servono per lavorare. «E invece, quello dell’immobiliare è un settore molto caro sia a Equitalia sia alle banche – ha detto Fadda -. Questo perchè nelle aste, peraltro non aperte al pubblico, le case vengono vendute al valore catastale, che è dieci volte meno, a volte anche di più, del prezzo di mercato». «Così, chi deve far fronte ad un debito importante e deve vendere la casa pignorata, si trova a dover incassare una cifra non di mercato e quindi è penalizzato due volte», ha aggiunto il presidente di Snarp, Francesco Petrino.

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