È arrivato il momento di riformare quell’insieme di norme che regolano gli appalti nelle opere pubbliche, nei servizi e nelle forniture. E questo compito spetta alla politica. Al Parlamento in primo luogo. Vorrei illustrare alcune linee su cui ci stiamo muovendo con la legge delega di riforma del Codice appalti: un’occasione per l’ammodernamento delle regole e l’innovazione del sistema, destinato a estendersi a settori strategici dello sviluppo e della crescita del Paese come energia, bioedilizia, architettura, arte e turismo.
Iniziamo col dire che occorre semplificare senza allentare la presenza pubblica. La abnorme produzione normativa, cui sono corrisposti proporzionalmente l’aumento delle deroghe e delle gestioni commissariali, ha creato alibi per impedire l’applicazione della legislazione vigente consentendo di non rispettare tempi di affidamento e consegna dei lavori, né procedere a precisa rendicontazione. Nessuna sanzione ha interrotto questo perverso meccanismo.
Un primo passo è stato fatto con la riorganizzazione della Autorità anti corruzione e l’assorbimento dell’Autorità per la vigilanza dei contratti pubblici. Serviva una mossa che agisse sulla nostra reputazione internazionale, sulla capacità di attrarre investimenti stranieri, che allontanasse dal paese la nefasta immagine di lentezza, corruttela e inconcludenza. Anac oggi può utilizzare sanzioni e procedere con segnalazioni efficaci avendo potere di controllo su varianti, riserve, anomalie temporali e procedurali.
Risulterebbe imperdonabile il ritardo sulla revisione complessiva della legislazione e delle procedure amministrative nel momento in cui i segnali di ripresa della nostra economia richiamano importanti investimenti pubblici per la infrastrutturazione del Paese, la programmazione di importanti opere per la difesa del suolo e per la messa in sicurezza del patrimonio pubblico esistente.
Altrettanto incomprensibile sarebbe non offrire una revisione omogenea in tutto il Paese dei meccanismi di spesa pubblica in tema di servizi e forniture nel tempo in cui la richiesta di una pesante operazione di spending review pone alle istituzioni di tutti i livelli la ricerca di efficienza e di risparmio.
Aggiungo che tra le motivazioni che richiedono un intervento al codice vi è la necessità di avere nella pubblica amministrazione stazioni appaltanti più limitate nel numero, ma soprattutto arricchite e qualificate da competenze tecniche in grado di ridurre contenziosi, promuovere una progettazione integrale, affrontare la direzione dei lavori che premi qualità dei progetti, riduzione dei tempi e della spesa, effettuare un controllo rigoroso e di dettaglio. Alla PA occorre più trasparenza: pubblicare ogni affidamento e renderlo verificabile deve essere un obbligo. Non esistono ragioni per affida–menti diretti se non giustificabili in rarissimi casi. La possibilità di verifica on line è ancora troppo limitata.
Deputato PD
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