L’Imu è la protagonista indiscussa della campagna elettorale. Non c’è tavola rotonda, intervista o comparsata sui media vecchi e nuovi dei candidati alle politiche del 24 febbraio che, presto o tardi, non vada a parare sulla famigerata imposta municipale. Emblematica la giornata di ieri. È bastato che l’Unione europea invitasse l’Italia a migliorare la progressività della tassazione immobiliare per fare ripartire la corsa all’”Io l’avevo detto”. Con in prima fila il Pdl, la Lega e in parte anche il Pd a sostenere di essersi sempre battuti per una maggiore equità del tributo immobiliare ideato dal Governo Berlusconi ed esteso all’abitazione principale dall’Esecutivo Monti. Monti da cui sono giunti gli unici distinguo: abbiamo fatto quello che l’Ue ci aveva raccomandato di fare.
Intervenendo in serata a Checkpoint su Tgcom 24 il premier uscente ha ridimensionato il rapporto proveniente da Bruxelles e ironizzato sulla «clamorosa notizia» contenuta al suo interno. «La frase fondamentale – ha spiegato il Professore – dice che la tassa sugli immobili è stata introdotta su richiesta dell’Unione Europea, poi apprezza alcuni aspetti della forma dell’Imu adottata, e poi parla di progressività». Nel ribadire che è sua intenzione rimettere mano all’imposta, Monti non è andato però oltre le sue dichiarazioni dei giorni scorsi. Ribadendo che si può lavorare sia sull’incremento della progressività che su una «maggiore destinazione ai Comuni» dei suoi proventi.
Sulla stessa lunghezza d’onda del presidente del Consiglio uscente si sono collocate anche le altre sigle che lo appoggiano. Marco Simoni (Italia Futura) ha sottolineato come quella della Commissione europea non sia una «bocciatura»; Benedetto dalla Vedova (Fli) che ha parlato di «critiche disoneste (anche intellettualmente» arrivate dalla coalizione berlusconiana e ha chiesto ad Angelino Alfano se ha votato per caso «a sua insaputa» per l’introduzione del tributo ai tempi del salva-Italia. Con un chiaro riferimento al tweet con cui il segretario del Pdl qualche ora prima aveva commentato. «Anche l’Ue afferma l’iniquità dell’Imu di Monti. Noi lo sosteniamo da tempo. Stop Imu prima casa. Già da quest’anno». Parole che hanno fatto il paio con l’impegno di Silvio Berlusconi di abolirla con un decreto nel primo Cdm della nuova legislatura. Lasciandola però sui grandi patrimoni. «Io – ha rivelato il Cavaliere a Otto e mezzo – ho pagato 300mila euro per le mie case».
Restando al centrodestra, i toni più accessi sono arrivati da Maurizio Fugatti (Lega) che ha domandato a Monti se vuole «silenziare anche l’Ue» e da Massimo Corsaro (Fratelli d’Italia) che ha criticato la «macelleria sociale» del Governo uscente. Ma anche il centrosinistra ha partecipato alla gara di voci anti-Imu. Dal leader Idv Antonio Di Pietro («Monti ha fatto tornare i conti facendoli pagare alle fasce più deboli») a quello di Sel Nichi Vendola («L’Europa ci prende a schiaffi sull’Imu») fino al candidato premier democratico Pier Luigi Bersani («Per modificarla bastava dare l’ok all’emendamento del Pd»). Una gara che non si è ripetuta, né a destra né a sinistra, quando il portavoce del Commissario Ue all’Occupazione, Laszlo Andor, ha precisato che nel rapporto di Bruxelles non si attribuisce l’aumento della povertà in Italia all’Imu, bensì all’Ici.
Eugenio Bruno
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