Il Governo non cede: «La Puglia sospenda le internalizzazioni». Ieri dai ministeri della Salute e del Tesoro è arrivata un’anticipazione dell’atteso responso sul piano di rientro del deficit sanitario presentato dalla Regione. I correttivi applicati dall’assesso-rato regionale alla Salute e il taglio di 13 ospedali e 2.500 posti letto non sono bastati per ottenere il via libera sperato. Il testo che dovrebbe essere firmato dal presidente Vendola entro dopodomani contiene ancora la clausola che ha fatto infuriare il governatore e la sua giunta. I timori avanzati dall’assessore Tommaso Fiore la scorsa settimana, si sono concretizzati ieri sera quando, via fax, da Roma è arrivata la bozza riveduta e corretta del piano pugliese. Quella che era sembrata solo una minaccia politica si è trasformata in una richiesta formale: il governo non ha imposto alla Puglia, come era trapelato la scorsa settimana, di ritirare le leggi in materia sanitaria che sono state impugnate davanti alla Corte costituzionale. La richiesta ufficiale è di sospenderne l’effetto. La sostanza non cambia: con questa mossa, il ministero della Salute punta a fermare soprattutto il processo di internalizzazione dei lavoratori della sanità avviato nella scorsa legislatura. In bilico ci sarebbero oltre 5mila lavoratori che oggi lavorano alle dipendenze di aziende private e cooperative che gestiscono in appalto i servizi di mensa, pulizia e portineria delle Asl e degli ospedali pugliesi. La giunta Vendola vorrebbe farli assumere dal sistema sanitario regionale. Una scelta che, a lungo andare, secondo i calcoli della regione produrrebbe un risparmio economico e un miglioramento dei servizi offerti. Ma da Roma non sono d’accordo e dopo aver portato la legge al vaglio della Consulta, adesso provano a stopparla per vie traverse. Nei giorni scorsi Vendola aveva stoppato il tentativo del governo: «Non accetteremo clausole che prescindono dal piano di rientro del deficit sanitario», aveva detto. Ma, a due giorni dalla scadenza dei termini per la firma del piano, all’attacco frontale si è preferito tentare l’ultima mediazione. «La Regione considera questa richiesta irricevibile sotto il profilo tecnico» ha spiegato ieri il capo di gabinetto del presidente, Francesco Manna. Anche perché a nessuna delle nove regioni italiane che fino ad oggi hanno concordato un piano di rientro con il ministero della Salute è stato richiesto di sospendere o annullare una legge. Un’ingerenza che il governo pugliese non è disposto ad accettare. La mediazione continuerà a ritmo serrato. Se il governo non cederà, dopodomani il governatore Vendola sarà messo di fronte ad una scelta difficile: firmare il documento che sconfessa la sua giunta o rinunciare al piano di rientro con conseguente perdita di 500 milioni di euro per la Regione.
La Regione volta le spalle a Roma
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