Una legge regionale per contrastare l’in-filtrazione mafiosa tra il Po e l’Adriatico. Un passo definito «necessario» perché, in tempo di crisi, torna d’attualità «il fenomeno dell’usura e per gli imprenditori è più facile cadere nelle rete della criminalità organizzata». L’obiettivo di Simonetta Saliera, numero due di viale Aldo Moro, è mettere in piedi un osservatorio permanente sul fenomeno delle mafie. E uno sportello per aiutare i comuni emiliani a utilizzare gli immobili confiscati alla mafia. Perché in questi anni, fra appartamenti, poderi e capannoni industriali, sono venti i beni strappati dalle mani della criminalità organizzata e restituiti ai comuni della Regione. E’ il caso di Gaggio Montano e di Pianoro, nella provincia di Bologna, dove due abitazioni sono tornate in dote al Comune, una volta che erano state usate per anni dalla criminalità. Sono spazi che poi vengono spesso assegnati alle associazioni di volontariato o rientrano negli elenchi dell’Acer come abitazioni popolari. L’iter burocratico può ridare «nuova vita» ai beni confiscati, che spesso ha invece tempi molto lunghi. Su 20 immobili ben cinque non sono ancora assegnati per lungaggini burocratiche. Da qui l’idea di una legge proprio per aiutare i Comuni a gestirli, perché «per la mafia essere colpita nel suo patrimonio è devastante». Ma la mafia c’è, come dimostrano le confische in altri 12 comuni emiliani, da Ferrara a Forlì passando per Cervia. E così a viale Moro cercano di prendere le misure a un fenomeno che, dall’usura al pizzo, riguarda soprattutto il tessuto economico della regione. «La criminalità cambia rapidamente nel tempo», spiega la Saliera che con la legge punta alla creazione di una banca dati in collaborazione con polizia e magistratura. Un impegno che si tradurrà anche in corsi di formazione nelle scuole per «educare alla legalità».
La Regione contro i beni della mafiaLa Regione contro i beni della mafia
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