I sindaci dei comuni fino a 50mila abitanti avranno tempo fino a fine 2013 per cedere le società e cambiano i parametri richiesti per sfuggire alla norma azzera-partecipazioni nei centri inferiori a 30mila abitanti. Sono le novità importanti spuntate nella legge di conversione del milleproroghe approvato la scorsa settimana. Resta invece invariato il termine del 31 marzo per la chiusura delle autorità d’ambito (Ato). La manovra correttiva del l’estate 2010, intervenendo sul l’assetto delle partecipazioni dei comuni medio-piccoli, ha sancito il divieto per gli enti con popolazione inferiore a 30mila abitanti di costituire nuove società, fissando l’obbligo di mettere in liquidazione o cedere le partecipazioni non più consentite dalla legge entro fine 2011. Mentre i comuni con popolazione fra 30mila e 50mila abitanti possono detenere una sola partecipazione. Le deroghe I comuni con meno di 30mila abitanti, per effetto di un’esclusione prevista dal Dl 78/2010, possono, associandosi fra loro, costituire società paritarie o con partecipazione proporzionale al numero degli abitanti, purché la popolazione complessiva superi la soglia dei 30mila abitanti. Poi, con la legge di stabilità 2011, il legislatore ha voluto mitigare gli effetti della norma prevedendo la dispensa dal l’obbligo di dismissione per le società, già costituite o partecipate, che abbiano chiuso il bilancio negli ultimi tre esercizi in utile (comma 117 dell’articolo 1 della Finanziaria 2011). La novità introdotta in fase di conversione del Dl 225/2010 interviene a correggere il tiro sulle condizioni necessarie per mantenere le società in portafoglio. Che sono: devono avere al 31 dicembre 2013 il bilancio in utile negli ultimi tre esercizi (si presume bilanci 2010-2011-2012); non devono aver subito, negli esercizi precedenti, riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio; non devono aver subito, sempre negli anni precedenti, perdite in conseguenze delle quali il comune sia stato gravato dall’obbligo di procedere al ripiano. Le novità, però, fanno crescere i dubbi interpretativi, per esempio sull’inizio del periodo di osservazione rilevante ai fini della verifica della riduzione del capitale per perdite o del ripiano delle stesse da parte del comune senza aumentare le certezze. Resta infatti irrisolto il nodo della inclusione o meno nel divieto delle «società obbligatorie». In questo quadro di incertezze sicuramente lo slittamento di due anni del termine per la dismissione offre un po’ di respiro ai comuni, che attendono ancora il decreto relativo alle modalità attuative annunciato entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione della manovra estiva. Sul fronte delle autorità d’ambito (Ato) costituite dagli enti locali per l’esercizio dei compiti in materia di acqua e rifiuti, invece, non è arrivata la tanto attesa proroga. La scelta di eliminare questi organismi intermedi fra comuni e regione risale al decreto legge 2/2010, che aveva fissato il termine del 1°gennaio 2011. Dopo lo slittamento di tre mesi approdato nella versione iniziale del milleproroghe, le regioni, tuttora impreparate, contavano su un ulteriore slittamento dei tempi per deliberare. Va ricordato che gli atti compiuti dalle autorità oltre il termine sono da considerarsi nulli. Il poco tempo a disposizione non è certamente sufficiente a completare il percorso di attribuzione da parte delle regioni (con legge) delle funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. È facile quindi ipotizzare che la questione tornerà ai primi posti del l’agenda delle priorità, per un ulteriore rinvio con Dpcm. Il comma 12 dell’articolo 2-ter, infine, sottrae dalla soppressione i consorzi di funzioni costituiti per la gestione degli enti parco regionali non oltre il 31 dicembre 2011.
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