Introdotta la mobilità del personale anche per le società partecipate dalle pubbliche amministrazioni, non quotate in borsa.Non si tratta dell’istituto della mobilità conosciuto nel sistema lavoristico privato, per altro ormai superato dall’Aspi, cioè il licenziamento indennizzato, ma della diversa fattispecie del passaggio diretto di un dipendente da un datore di lavoro ad un altro, mediante cessione del contratto, in applicazione analoga all’articolo 30 del dlgs 165/2001.
Il pacchetto di riforme della pubblica amministrazione approvato lunedì 26 agosto dal consiglio dei ministri (si veda ItaliaOggi di ieri) introduce il sistema dei trasferimenti da una società partecipata all’altra, come risposta ai problemi di esuberi di personale o, comunque, di gestione economica delle partecipate.
È noto, infatti, che molte delle società in mano pubblica affrontino gravi perdite e denuncino sovrabbondanza di personale. Applicando le regole privatistiche, direttamente operanti nella fattispecie, per il personale interessato potrebbero scattare i licenziamenti dovuti a ragioni economiche. La mobilità tra società introdotta dal «pacchetto D’Alia» crea, invece, una sorta di stanza di compensazione, tendente a fare in modo che il personale a rischio di esubero e licenziamento di alcune società possa essere trasferito verso società sane.
Il pacchetto di riforme, dunque, stabilisce che le partecipate possono stipulare tra loro specifici accordi, proprio allo scopo di permettere il trasferimento di dipendenti; il che esclude la necessità di chiedere il consenso dei lavoratori interessati. Lo scopo è fare fronte in maniera corretta ai fabbisogni di personale: in particolare per rimediare alle situazioni di eccedenza, anche se la normativa prevista dal ministro D’Alia suggerisce alle amministrazioni pubbliche detentrici del capitale delle società di fornire loro indirizzi perché esse coprano i fabbisogni di personale sempre privilegiando l’istituto della mobilità a quello delle nuove assunzioni.
Allo scopo di stipulare le convenzioni tra società, le partecipate dovranno inviare un’informativa alle rappresentanze sindacali operanti presso di loro, nonché alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo dalla stessa applicato.
Laddove le partecipate rilevino eccedenze di personale o qualora l’incidenza delle loro spese di personale sono pari o superiore al 50% delle spese correnti, inviano un’informativa preventiva alle rappresentanze sindacali operanti presso la società ed alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo dalla stessa applicato: lo scopo è stabilire il numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale in eccedenza. Tali informazioni sono comunicate anche al Dipartimento della funzione pubblica. Nei successivi dieci giorni dal ricevimento dell’informativa, le società dovranno definire un piano di assorbimento delle eccedenze di personale applicando i criteri previsti dall’articolo 2, comma 11, lett. a), della legge 135/2012 (prepensionamenti); in subordine, le società tenteranno la ricollocazione totale o parziale del personale in eccedenza nell’ambito delle stesse, utilizzando forme flessibili di gestione del tempo di lavoro; oppure potranno trasferire il personale eccedente verso altre società controllate dal medesimo, utilizzando l’istituto della mobilità. Tuttavia, sentite le organizzazioni sindacali, la ricollocazione è consentita anche in società controllate da enti diversi, comprese nell’ambito regionale, previo accordo tra gli enti e le medesime società.
Infine, allo scopo di incentivare la mobilità, si stabilisce che la partecipata di provenienza possa, per un periodo di tre anni, rifondere alla società di destinazione dei lavoratori trasferiti fino al 30% del trattamento economico dei lavoratori medesimi, per un periodo massimo di tre anni.
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