Storie di altri tempi. Nel 1934 la sezione di Palermo del servizio idrografico del Ministero dei lavori pubblici, grazie ad un finanziamento del Banco di Sicilia, corrispondente a circa 160 mila euro di oggi, pubblicò al prezzo di 25 lire un corposo studio di 550 pagine dal titolo Le sorgenti italiane con particolare riferimento alla Sicilia. Lasciamo la lettura ai tecnici e agli storici ma ci interessa citare l´analisi perchè vi erano illustrate le 4089 sorgenti presenti sull´Isola, da Palermo a Siracusa, da Trapani a Catania di cui 383 utilizzate per acquedotti potabili per una portata complessiva di 5372, 77 di litro secondo; livelli ritenuti sufficienti dagli estensori della ricerca per ovviare agli usi igienici dei circa 4 milioni di siciliani per una dotazione prevista di 113 litri al giorno. Storia di oggi. In Italia in questi giorni sono state raccolte circa un 1,4 milioni di firme per abolire il decreto Ronchi sulla privatizzazione della gestione delle risorse idriche che porterà ad un referendum su questa contestata parte della legge. E in Sicilia? L´ultima legge finanziaria approvata due mesi fa ha confermato – con un vasto consenso politico – il ritorno all´acqua pubblica. Nell´articolo 50 della Finanziaria infatti è prevista la la rescissione dei contratti tra gli Ambiti territoriali ottimali (Ato) idrici di natura pubblica e i gestori privati nel caso in cui non siano stati effettuati almeno il 40 per cento degli investimenti annunciati. La norma rinvia, comunque, a una legge organica che il governo Lombardo si è impegnato a presentare entro i prossimi 12 mesi. Sono da considerare, infatti, appalti per circa 6 miliardi di euro e la partita si annuncia assai complicata. I precedenti sulla gestione pubblica in Sicilia non ci sembra che negli ultimi sessant´anni abbiano dato chissà quali risultati: ad Agrigento l´acqua nelle case mancava prima come manca oggi. Non dimentichiamoci i vecchi scandali dell´Eas, Ente Acquedotti Siciliani, società oggi in liquidazione ma ancora operativa, sulla cui gestione esistono centinaia di dossier e inchieste giudiziarie. Quello che invece è importante considerare in una cornice di forte controllo istituzionale – quello sì pubblico – è la pianificazione strategica della risorsa acqua. In Sicilia e` necessario un riordino reale dei servizi idrici e l´attuale disegno di Ambiti territoriali ottimali (ossia di bacini di utenza di dimensioni tali da raggiungere e permettere economie di scala sia dal lato dei costi che per gli introiti) è stato solo l´inizio del processo programmatorio. Dobbiamo ricordare che nella struttura disegnata nella legge nazionale esistono le cosiddette Autorità d´ambito che definiscono appunto un Piano d´ambito di riferimento che poi, affidano ad un ente gestore genera il “servizio idrico integrato” che rappresenta il fulcro del sistema. Nel Piano d´ambito di Palermo sono indicati alcuni dati fondamentali come un consumo medio al giorno di 174 litri per abitante, precisando che allo stato attuale la perdita media dell´acqua immessa in rete è del 40%. Neanche le altre province scherzano. Catania registra perdite pari al 33%, Enna raggiunge il 52% e Caltanissetta il 47%. La quantità di acqua che viene sprecata, dunque, è enorme. Gli investimenti nelle infrastrutture sono quindi la base fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi previsti e ad esempio nel Piano d´ambito di Palermo sono stati previsti nel periodo 2003-2032 investimenti per oltre 1,2 miliardi di Euro. I costi di manutenzione sono pari a poco più del 14 per cento, mentre tra ricostruzione e nuove opere se ne va gran parte dell´inve-stimento di medio e lungo periodo, quello tra l´altro meno visibile immediatamente e che ha impatto poi sul calcolo delle tariffe complessive, specialmente nei primi anni dell´inve-stimento. Inoltre le amministrazioni regionali hanno nel servizio idrico integrato uno degli obiettivi di servizio previsto dal Ministero dello Sviluppo Economico in termini sia di acqua erogata che di utenti serviti da impianti di depurazione e su questo sono incentrati alcuni obiettivi target da raggiungere entro il 2013. Siamo perfettamente d´accordo che le linee strategiche siano definite in un ambito collettivo, ma sarebbe sbagliato a mio avviso negare l´utilità, ove possibile, di un valido apporto del privato. La stessa pubblicizzazione ed estensione delle tariffe sociali secondo meccanismi semplici e trasparenti comporterebbe anche una maggiore fiducia dei cittadini più incentivati a collaborare con realtà pubbliche e private che possono anche ridurre l´alto tasso di morosità nel pagamento delle bollette.
La guerra dell’acqua e le cifre dello spreco
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