La Corte dei conti salva le società strumentali della Pa

La spending review chiede ai Comuni di privatizzare le aziende «interne» ma la magistratura contabile esclude le «in house»

Il Sole 24 Ore
10 Luglio 2013
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Le società strumentali degli enti locali vanno alienate o sciolte entro la fine dell’anno, perché lo impone la spending review targata Mario Monti, ma la chiusura può essere evitata se l’azienda è in house. Il principio è stato fissato dalla Corte dei conti della Liguria (delibera 53/2013 della sezione di controllo), ed è rivoluzionario: le società strumentali sono praticamente tutte in house, per cui il dilemma «privatizzazione o chiusura» non riguarderebbe quasi nessuno. La stessa spending review vieta alle strumentali di ricevere dall’anno prossimo affidamenti diretti? Non importa, a quanto pare.

Certo, la vicenda non è inedita, perché di leggi scritte con intenti “rivoluzionari” e poi svuotate dal lavorio interpretativo che ne accompagna la (non) applicazione è piena la Gazzetta Ufficiale: la storia delle società strumentali, però, è illuminante, perché fa risaltare l’eterno conflitto fra regole scritte male e la passione italiana per la deroga, la proroga (i termini delle gare per la privatizzazione sono appena stati rinviati di sei mesi) e l’eccezione che, lungi dal confermare la regola, finisce per ucciderla.

La norma sulle strumentali (articolo 4 del Dl 95/2012) in teoria sarebbe chiara: le società che sono «controllate» da una Pubblica amministrazione, e che ricavano dal rapporto con la Pa almeno il 90% del proprio fatturato, vanno privatizzate o chiuse e gli enti le devono sostituire ricercando i servizi sul mercato.

Altrettanto chiaro il presupposto, giusto o sbagliato che fosse: le strumentali sono mediamente inefficienti, spesso nate per far crescere l’occupazione o dribblare il Patto di stabilità, per cui la loro privatizzazione farebbe risparmiare i conti pubblici. Tutto bene, fin qui, ma basta procedere per qualche riga e la questione si complica. Al comma 8 spunta infatti un’altra regola, che in pratica salva fino a fine 2014 gli affidamenti diretti non in linea con le regole Ue. Questa seconda regola guarda ovviamente ai servizi pubblici locali, travolti dall’uno-due assestato dal referendum e dalla sentenza della Corte costituzionale che ne hanno azzerato l’ultima “riforma”, ma il testo si guarda bene dallo specificarlo. Proprio qui si appigliano i magistrati liguri, rispondendo alla Provincia di Genova: «la norma speciale», che salva l’in house, «deroga alla norma generale», che chiede l’addio alle strumentali. Con tanti saluti a un’altra “riforma”.

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