ROMA – Doveva essere solo un saluto prima delle vacanze estive, tra il nuovo presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, e i giornalisti. Ma ieri mattina, pressato dall’attualità, il numero uno della suprema magistratura contabile non ha potuto sottrarsi a una riflessione sulla corruzione. Una riflessione amara. La «questione morale», osserva Giampaolino, non è certamente una novità di queste settimane: «Vi era sin dai tempi di Berlinguer», trent’anni fa, e cicliclamente riemerge. Ma, indubbiamente, secondo il presidente della Corte, questo è «un momento difficile» e la corruzione rappresenta un «patema morale». Ciò che più preoccupa è che si sia perso «il senso sacrale del pubblico denaro», quella «remora e quel rispetto che si dovrebbe sempre avere nell’accostarsi alle pubbliche risorse » da parte degli amministratori e dei politici. Sono venuti meno, continua Giampaolino, «i canoni deontologici, il senso del servizio pubblico come missione, come un dovere etico». Come si è arrivati a tutto questo? Col prevalere dell’«interesse categoriale» su quello dell’ufficio pubblico e con una strisciante privatizzazione anche di ambiti che dovevano restare distinti dalle logiche privatistiche. Secondo il presidente della Corte dei Conti sarebbe il caso di domandarsi se per esempio alcune forme come la società per azioni siano sempre adatte all’organizzazione pubblica, dove non si rischiano risorse private, ma denaro dei contribuenti e quindi i controlli dovrebbero essere ancora maggiori e non dovrebbero esserci zone di «immunità patrimoniale». Per combattere la corruzione la tendenza che si è seguita negli anni è quella di inasprire le pene, ha osservato Giampaolino, ma questo è avvenuto in un «contesto processuale inefficiente ». Meglio invece rafforzare la prevenzione e i controlli amministrativi, come fa il disegno di legge anticorruzione all’esame del Parlamento e sul quale proprio ieri pomeriggio lo stesso presidente della Corte dei Conti è stato audito alle commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato. Secondo Giampaolino, l’impostazione del provvedimento è corretta, ma alle «zone di rischio » corruzione vanno aggiunti «tutti i procedimenti in deroga», parole che fanno immediatamente pensare alle ordinanze della Protezione civile. Bisogna quindi tornare alle verifiche di regolarità sugli atti e al parere della Ragioneria tutte le volte che ci sono ricadute finanziarie dei provvedimenti amministrativi. «Gli scandali degli anni Novanta sono avvenuti tutti dove non c’era il controllo di legittimità » da parte della Corte. Oggi, spiega Giampaolino, i controlli sull’attività contrattuale delle pubbliche amministrazioni da parte della corte dovrebbero essere «randomizzati», cioè casuali e «senza preavviso». Infine, dice il presidente, si deve tornare ai procedimenti disciplinari, «oggi pressoché inesistenti o inefficaci», a carico dei dipendenti pubblici. E si dovrebbe tornare anche a sistemi di selezione pubblica del personale. La corruzione, sottolinea Giampaolino, «inizia dalla scuola, da come si prende la licenza superiore e poi dalla serietà dei concorsi per accedere all’impiego pubblico », che invece sono in disuso. Purtroppo, annota il presidente della Corte, i germi della corruzione entrano nella pubblica amministrazione proprio quando non funzionano imeccanismi di selezione, per esempio se si entra attraverso una raccomandazione, anziché per merito.
La Corte dei conti: «Corruzione patema morale»
L’allarme – Giampaolino, appena insediato alla guida dei giudici contabili: dovremmo fare controlli casuali e senza preavviso
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