Da quest’anno anche le aziende speciali, le istituzioni, accanto alle società a partecipazione maggioritaria pubblica – diretta ed indiretta -, sono chiamate a dare il loro concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica.
Le analisi effettuate sulla base dei dati Consoc 2013 mettono in evidenza il potenziale impatto di queste nuove regole. A fine 2012, i 5.261 Comuni aderenti detenevano 31.116 partecipazioni, una media di circa 6 per ente mentre gli oneri complessivi ammontavano a circa 7,6 miliardi, di cui 6 miliardi per contratti di servizio. Da notare come nel corso del 2012 i Comuni hanno continuato a trasferire fondi per copertura perdite (90 milioni) o per aumenti di capitale (144 milioni), segnale di gestioni talvolta di dubbia sostenibilità; gestioni che oggi richiedono particolare attenzione ai vincoli imposti dalla legge di stabilità, soprattutto per l’obbligo di copertura delle perdite societarie nei bilanci degli enti pubblici, e per l’adeguamento ai prezzi di mercato per i servizi strumentali ed a parametri standard – di prossima emanazione – per i sevizi pubblici locali.
Nel 2012 le partecipate comunali, nel loro complesso, non paiono brillare di elevate performance economiche, visto che nel 2012 il risultato economico consolidato è negativo per 1,2 miliardi di euro. Un dato questo in linea con l’anno precedente, indice di una deficitarietà strutturale, a cui la legge di stabilità cerca di dare rimedio. È interessante anche notare che, qualora i Comuni siano proprietari al 100%, il risultato economico peggiori, mentre migliori nel caso si tratti di una società mista con controllo del soggetto pubblico.
Venendo agli adempimenti imposti dalla nuova legge di stabilità, occorrerà che gli enti proprietari verifichino con attenzione i valori base presi a riferimento dei budget 2014 – 2016 al fine di verificare se i parametri – ad esempio dei contratti di servizio – siano in linea con quelli di mercato; inoltre con riferimento al risultato economico delle partecipate titolari di affidamento diretto per una quota superiore all’80% del valore della produzione, dal 2015, se i risultati dei tre esercizi precedenti (2012- 2014) siano negativi, andranno tagliati del 30% i compensi degli amministratori, anche se bastano due esercizi negativi per invocare la giusta causa per la loro rimozione, salvo che i risultati negativi siano coerenti con un piano di risanamento preventivamente approvato dall’ente controllante.
Per quanto attiene ai risultati del triennio 2011-2013, il relativo valore medio costituisce parametro di riferimento per i dovuti accantonamenti in un apposito fondo vincolato a carico dell’ente partecipante – in proporzione alla quota di partecipazione – a partire dal 2015 – secondo le disposizioni dei commi 550 – 552. Inoltre, dal 2017, nel caso di risultati negativi per quattro esercizi sui cinque precedenti da parte di aziende speciali, istituzioni e società non svolgenti servizi pubblici locali, esse sono poste in liquidazione entro sei mesi dall’approvazione del bilancio o rendiconto, pena la nullità degli atti di gestione e la responsabilità erariale dei soci.
Alla luce dei dati Consoc e dei recenti interventi normativi, da un punto di vista gestionale oramai non è più consentito agli enti pubblici governare in modo disinteressato le proprie partecipate, o talvolta interessato per evitare i vincoli di finanza pubblica, aprendo effettivamente un nuovo capitolo caratterizzato da gestioni efficienti, maggiormente aperte al privato, e di servizi di qualità nell’interesse del cittadino-utente.
È da augurarsi, comunque, che nella legge vengano assicurati alcuni elementi imprescindibili quali una riforma definitiva sulle partecipate e sui servizi pubblici e l’eliminazione di adempimenti ridondanti: il numero di soggetti che oggi richiedono agli enti locali dati relativamente alle partecipazioni sono tre: Dipartimento Funzione Pubblica, Mef e Corte dei Conti.
È auspicabile una semplificazione e una cabina di regia che monitori il fenomeno complessivo delle partecipate, producendo dati e informazioni ufficiali ed univoche. Occorre una strategia chiara nella politica industriale da perseguire: spesso le partecipate sono trattate come un corpo indistinto, anche se svolgono funzioni e servizi completamente diversi.
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