ROMA – Annunciata come lotta ai falsi invalidi, si è trasformata in penalizzazione di quelli veri. L’articolo 10 della manovra di Tremonti, poi emendato ma in peggio, che alza la percentuale di invalidità per ottenere la pensione da 275 euro al mese (8,16 al giorno) e irrigidisce i criteri per l’indennità di accompagnamento da 480 euro mensili, corre due rischi: colpire i disabili e le loro famiglie senza ottenere significativi risparmi di spesa e senza estirpare sul serio la piaga dei finti malati. Quando mercoledì le associazioni degli invalidi (civili, ciechi, mutilati, sordi, disabili), rappresentate dalle sigle Fand e Fish, manifesteranno in piazza Monte Citorio, con il sostegno della Cgil, il discusso emendamento potrebbe già aver ottenuto l’ok dalla commissione Bilancio del Senato dove il relatore Antonio Azzollini l’ha presentato sei giorni fa. Un emendamento, negli annunci, scaccia guai. Arrivato dopo le rumorose proteste al testo del decreto 78 (la manovra) che fissava il passaggio in una notte (tra il 31 maggio e il 1° giugno) al nuovo requisito per accedere alla pensione: non più il 74%, ma l’85% di invalidità. Una misura che escludeva dal sussidio migliaia di persone affette da patologie gravissime. Azzollini “corregge” l’articolo, mantiene l’85% per tutti tranne i casi di cecità, perdita totale di lingua, sordomutismo, cardiopatie, paresi. In apparenza. Perché a leggere la relazione all’emendamento, i disabili vengono in realtà divisi in due categorie: chi soffre di una sola patologia avrà come riferimento il 74%, chi ne ha più di una e cumulandole supera quella soglia non avrà un centesimo, a meno di arrivare all’85%. E siccome il 90% dei casi (lo dice la relazione) è in questa seconda ipotesi di più patologie, e molti non raggiungono l’85% totale, in pratica non cambia nulla. Una persona affetta da nevrosi fobica ossessiva (41-50% di invalidità riconoscibile) e da disfonia cronica grave (un’alterazione della voce, 21-30%) non ha diritto all’assegno, anche se disoccupata e con un reddito non superiore ai 4.408,95 (gli altri due requisiti). Non solo. L’emendamento interviene anche sull’indennità di accompagnamento, il cuore delle prestazioni Inps agli invalidi (12,2 miliardi erogati nel 2009 su 16 miliardi totali, per il 70% ad over 75 che spendono quei soldi per i badanti), ridefinendo i requisiti medico-legali. Il deficit di deambulazione deve essere permanente e assoluto e l’incapacità a compiere gli atti della vita ora si estende agli “atti elementari”. In pratica, l’anziano che si muove col tripode o in carrozzina o un disabile mentale che può camminare non potrà più avere l’accompagno. Lo avrà chi è allettato, in fase terminale o in coma. E tutto questo, secondo i calcoli di handylex.org, per un risparmio di soli 33 milioni. Insorgono le associazioni – come la Federazione malattie rare, la comunità papa Giovanni XXIII, l’associa-zione Luca Coscioni – «offese e indignate» da Tremonti che associa «l’eva-sione fiscale ai tre milioni di invalidi» come causa del disastro dei conti. «Queste norme spingeranno ancora di più alla disperazione persone deboli e indifese», dice Pietro Barbieri, papà di un ragazzo disabile, «che non sono in grado di sopravvivere neanche con i 450 euro attuali».
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