«Partiremo gradatamente», afferma il sottosegretario alla Difesa, Gioacchino Alfano. Che aggiunge: «Con il primo bando, che contiamo di mettere a punto al più presto insieme all’agenzia del Demanio, miriamo all’assegnazione solo di un certo numero di beni. A questo lavoro affiancheremo quello di monitoraggio del nuovo istituto della valorizzazione d’onore, così da individuare eventuali problemi e risolverli strada facendo».
Si tratta, infatti, di una partita mai giocata prima d’ora. «La valorizzazione d’onore è uno strumento del tutto inedito – prosegue Alfano – sul quale puntiamo molto. Novità che abbiamo pensato sia per rimettere in circolo i 700 beni già offerti ai comuni e che invece sono rimasti senza richieste, sia per superare alcuni ostacoli di contabilità pubblica, che possono aver giocato sulla scarsa attenzione che le amministrazioni hanno riservato finora alla nostra offerta. Nel bilancio statale, infatti, a ogni bene, anche a quelli militari, corrisponde un valore.
Se il bene passa a un altro proprietario, sia a un’amministrazione sia a un privato, in bilancio deve essere iscritto il corrispettivo del cespite ceduto. Con la valorizzazione d’onore, invece, il bene non “esce” dal bilancio, ma allo stesso tempo può essere utilizzato. Solo quando, alla fine del progetto di valorizzazione, l’immobile viene venduto, si pone l’esigenza di iscrivere in bilancio il corrispettivo. Ma a quel punto, ci sono i soldi dell’alienazione».
Poiché la norma non li prevede, saranno i bandi di gara a mettere a fuoco i criteri per le concessioni. «Cercheremo di introdurre nei bandi – aggiunge Alfano – criteri che consentano alle commissioni che selezioneranno i progetti di valorizzazione di tener conto non solo del valore economico dei piani, ma anche della loro fattibilità. Bisognerà, infatti, valutare la realizzabilità delle idee, ovvero la loro compatibilità con gli strumenti urbanistici vigenti».
Il nodo è quello delle destinazioni d’uso rilasciate dai comuni. «Lo stiamo affrontando – sottolinea il sottosegretario – soprattutto nella prospettiva dei 432 immobili che si libereranno con la riorganizzazione delle Forze armate. C’è un tavolo aperto con l’Anci per introdurre procedure più semplici e certe. Allo stesso tempo la Difesa sta pensando di creare un fondo per consentire la ridefinizione delle funzioni militari imposta dai tagli al personale. La riorganizzazione, infatti, costa. Serviranno spazi meno ampi e diversamente concepiti. Si lasceranno, dunque, molte caserme attuali, ma altre se ne dovranno costruire.
Non necessariamente nel centro delle città».
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