Una chiamata alle armi che potrebbe tradursi anche in un toccasana per i conti dei Comuni. Agli enti locali che saranno parte attiva nelle attività di accertamento e di controllo, almeno nel triennio in corso (2012-2014), sarà riconosciuto il 100% delle somme riscosse dei tributi statali. Il gettone di presenza offerto dallo Stato ai primi cittadini anti-evasori, infatti, è diventato sempre più sostanzioso: dal 33% previsto nel 2010 con il decreto anti-crisi n. 78, è prima salito al 50% con l’attuazione del federalismo municipale per poi passare al 100% con la manovra dell’agosto scorso. Eppure, ad oggi, l’alleanza Stato-Enti locali viaggia ancora a rilento (si veda Il Sole 24Ore del Lunedì 16 gennaio 2012): i Comuni che hanno sottoscritto convenzioni con le Entrate per la lotta all’evasione sono poco più di 500 (su oltre 8mila).
A rilanciare la partecipazione dei sindaci nella lotta ai furbetti dell’evasione potrebbe ora essere uno dei passaggi chiave più volte sollecitato anche dall’Anci: le regole di accesso dei Municipi alle banche dati che oggi compongono il “grande occhio” anti-evasione, così come le modalità per l’invio delle “segnalazioni qualificate” all’amministrazione finanziaria, alle Fiamme Gialle e all’Inps. Dopo due anni di attese approda oggi alla Conferenza unificata il provvedimento del direttore delle Entrate che disciplina il processo di partecipazione dei Comuni all’accertamento fiscale e contributivo. In particolare, come prevedeva il Dl 78/2010, il provvedimento messo a punto dai tecnici di Befera d’intesa con le Fiamme Gialle e con l’Inps, specifica a chiare lettere le modalità di accesso da parte dei Comuni alle banche dati dell’amministrazione finanziaria così come a quella del’Inps. Il provvedimento oggi all’esame, a meno di nuovi rinvii della Conferenza Unificata, in primo luogo amplia gli ambiti di intervento degli Enti locali. A quelli già individuati dal Fisco nel 2007 e che riguardavano commercio e professioni, urbanistica e territorio, proprietà edilizie e patrimonio immobiliare, residenze fittizie all’estero, nonché le disponibilità di beni indicativi di capacità contributiva destinati ad alimentare il nuovo redditometro, l’amministrazione finanziaria chiede ora anche la collaborazione degli amministratori locali sull’individuazione delle cosiddette “case fantasma”. Cioè quei beni immobili totalmente sconosciuti al catasto o che hanno subito ampliamenti e modifiche mai rese note al Territorio.
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