Non ci sono soltanto i nuovi assetti delle autorità di vigilanza. L’intero edificio della regolamentazione finanziaria europea sta per essere sottoposto a drastica ristrutturazione. Nei prossimi 12-18 mesi la gran parte delle direttive comunitarie del settore verranno sottoposte ad un’attenta verifica con l’obiettivo di cambiare le disposizioni che hanno mostrato di non funzionare. Ed altre regole si aggiungeranno in campi (hedge fund, negoziazioni “fuori mercato” di prodotti derivati e strutturati) finora non oggetto di armonizzazione. L’obiettivo dichiarato è quello di ridurre le asimmetrie tra paese e paese rendendo più stretta quella rete regolamentare “a maglie larghe” che, nel corso della recente crisi finanziaria, ha fatto emergere vistose debolezze.
Quello non dichiarato, ma ugualmente ben compreso dai diretti interessati, è di ridurre l’autonomia della city londinese dove si concentra l’80% delle transazioni finanziarie del continente, cui molti imputano la responsabilità principale del disordine finanziario che ha attraversato i mercati. È pertanto comprensibile che dall’altra parte della Manica gli intermediari se ne preoccupino.
«È un’occasione unica – sottolinea il vice direttore generale di Assonime, Carmine Di Noia – per una revisione orizzontale delle direttive sui mercati finanziari e sul diritto societario. Sarà così possibile farlo in modo coordinato riducendo le asimmetrie regolamenteri che su alcuni punti hanno finora penalizzato proprio i paesi, tra cui l’Italia, che hanno una disciplina più avanzata».
I primi mattoni di questo complesso lavoro di riordino sono già stati posti. Nei mesi scorsi il Parlamento di Strasburgo ha approvato il restyling della direttive sui prospetti finanziari e varato prime misure sulle retribuzioni dei manager del credito. Ma il grosso (vedi tabella) deve ancora arrivare. Il capitolo dove sono attese le maggiori discussioni continua a rimanere la regolamentazione sugli hedge fund: la Commissione Ue presenterà le sue proposte legislative mercoledì 15. La riforma del risparmio Usa potrebbe dare alla city nuove opportunità di affari se non fosse che lo stesso vento sta soffiando anche nel continente. E molti altri nodi dovranno essere sciolti. Oggi intanto il comitato per la supervisione bancaria esamina il dossier Basilea 3 sui nuovi ratios di vigilanza. Il dossier sarà portato all’attenzione dei governatori centrali della Bri il 12 e 13 settembre prossimi. E l’Abi ha ribadito i propri dubbi: «L’eccesso di rigore sui requisiti di capitale peserebbe sulla crescita».
Tra la fine dell’anno e i primi mesi del 2011 la commissione europea presenterà le sue proposte per modificare la Mifid (la direttiva europea sui servizi d’investimento), le norme sulla Trasparenza (informativa societaria) e quelle sui reati finanziari (market abuse). La Mifid entrò in vigore alla vigilia della crisi (2007) introducendo una forte concorrenza tra mercati regolamentati e non anche a dispetto di una frammentazione degli scambi. Oggi quelle norme, probabilmente, non sarebbero state varate con la stessa convinzione. Il turmoil dei mercati ha prosciugato la liquidità di molti scambi facendo emergere l’importanza di concentrare le negoziazioni in strutture ben regolamentate. Ora si corre ai ripari e, tra le proposte in discussione, c’è quella di estendere gli obblighi di trasparenza già in vigore per le azioni anche alle transazioni obbligazionarie.
Per la market abuse una pubblica consultazione avviata in queste settimane amplia le fattispecie di reati da reprimere anche ai “tentativi” di manipolazione oltre che alle operazioni scorrette poste in essere utilizzando strumenti derivati. Nel maggio del prossimo anno si aprirà poi il dibattito sulla riforma dell’Opa europea, la cui direttiva è stata fin dall’inizio criticata per la debole armonizzazione che ha introdotto nel continente.
Sotto i riflettori vi sono anche le norme di corporate governance delle società quotate e quelle incorporate nello statuto delle società europee. Un recente articolo di Paolo Santella (rappresentanza italiana al Parlamento europeo) dedicato alle prospettive del diritto societario comunitario, ha sottolineato che la nuova cornice giuridica ha finora raccolto l’interesse soltanto di paesi caratterizzati da un regime obbligatorio di partecipazione dei lavoratori alla vita dell’impresa. Al giugno di quest’anno l’avevano adottata 361 società soprattutto ceche (137), tedesche (91) e dei paesi bassi (22) mentre nessuna italiana vi ha fatto ricorso.
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