Il Comitato dei ministri per la lotta alla corruzione è formato dal ministro dell’interno Annamaria Cancellieri, della giustizia Paola Severino e della pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi.
Martedì il comitato si è riunito e insieme al premier Mario Monti ha elaborato le linee guida per disegnare il piano nazionale anticorruzione che sarà formalizzato a breve da palazzo Vidoni e al quale ciascuna pubblica amministrazione dovrà adeguarsi.
Dunque gli obiettivi che si intendono perseguire sono una netta stretta su sanità, appalti e acquisti di beni e servizi, inoltre è previsto un livello diverso di pervasività nei controlli; sarà più convincente (e direttamente operativo) nelle pubbliche amministrazioni centrali e negli enti controllati da queste, sarà invece meno pressante negli enti locali che dovranno adeguare i regolamenti al piano nazionale anticorruzione in fase di predisposizione da parte del dipartimento della funzione pubblica.
Il comitato con il suo operato cerca di migliorare le recenti statistiche che pongono l’Italia al 69° posto per corruzione percepita e agli ultimi posti in Europa secondo la Banca Mondiale. Le linee accolte ieri dal comitato interministeriale ripartono dalle conclusioni del Rapporto finale redatto lo scorso ottobre dalla Commissione ministeriale presiediuta da Roberto Garofoli che grande attenzione dedica soprattutto alla sanità che risulta essere “tra i settori maggiormente esposti al rischio di corruzione”.
Le motivazioni sono di origine prevalentemente economica, basti pensare alla ingente spesa pubblica regionale aumentata particolarmente negli ultimi decenni. In base ai ragionamenti della commissione la sanità offre la possibilità per una corruzione facile in quanto grandi somme di denaro vengono gestite da decisioni amministrative che si rinnovano spesso e questo fa si che ci sia la possibilità di condizionamenti illeciti.
Per fermare il fenomeno la Commissione ha avanzato parametri più stringenti per le nomine dei direttori delle Asl, trasparenza nei procedimenti di spesa, centralizzazione degli acquisti (convenzioni Consip). Gli appalti pubblici rappresentano, da soli, l’8% del Pil e proprio da questo motivo deriva l’inclinazione alla corruzione in questo ambito. La commissione identifica nello smantellamento totale delle stazioni appaltanti uno degli elementi di debolezza del sistema; infatti sono più di 30 mila con più di 60 mila centri di costo.
La soluzione individuata sarebbe quella di formare centrali uniche di committenza e una black list delle stazioni appaltanti che non si adattano ai principi di trasparenza con relativa perdita dei finanziamenti da parte dello Stato. Ci sono novità in arrivo anche in materia di controlli, la commissione ipotizza ispezioni a campione da parte della Corte dei conti che dovrà formare per questo obiettivo una sezione specifica che si integrerà con le sezioni regionali di controllo.
In caso di anomalie gli ispettori dovranno inoltrare segnalazioni alla procura della repubblica e alla procura contabile. Postilla anche per la figura del segretario che dovrà essere più tutelato; infatti il comitato obbligherà i sindaci che non vogliono riconfermare il segretario a spiegare il perché e vogliono prolungare la durata dell’incarico del segretario oltre quella del mandato del primo cittadino.
Intanto le Sezioni unite della Cassazione sono intervenute sull’argomento con due sentenze che approfondiscono gli effetti della legge anticorruzione chiarendo come debba sussistere continuità tra le nuove disposizioni in materia di istigazione alla corruzione, così contenute nel codice penale come surrogate dalla legge contro la corruzione, e le precedenti disposizioni previste dagli stessi commi.
I giudici di Piazza Cavour hanno, dunque, affermato il principio di diritto secondo cui regge la “continuità normativa tra le nuove disposizioni in materia di istigazione alla corruzione contenute nei commi 1 e 3 dell’art. 322” del codice penale, “come sostituite dalla legge n. 190 del 2012, e le previgenti disposizioni contenute nei medesimi commi”.
La motivazione sottostante spiega come la finalità delle suddette modifiche risponda esclusivamente allo scopo di conformare le due fattispecie incriminatorie della istigazione alla corruzione, ivi previste, alla nuova figura criminosa della corruzione per l’esercizio delle funzioni, di cui all’art. 318 del codice, anch’esso sostituito dalla stessa legge n. 190 del 2012.
Tutto ciò, fatto salvo il divieto di applicazione retroattiva delle nuove norme, ex art. 2 comma 4 del Codice Penale, nella sezione in cui si prefigura l’ampliamento della portata operativa della nuova fattispecie di corruzione di cui al predetto art. 318, articolo che peraltro assorbe la ‘datata’ ipotesi della corruzione impropria, ed “incrementata la relativa cornice sanzionatoria”.
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