Miracolo a Milano: l’odiatissima Imu, l’imposta municipale unica che ha reitrodotto la vecchia Ici anche per la prima casa, quella tassa per cui anche il sindaco Giuliano Pisapia aveva gridato all’incostuzionalità dando quasi l’idea di volersi associare alle proteste leghiste, ha portato a Palazzo Marino 24 milioni in più del previsto.
Un piccolo tesoretto che, in tempi di crisi, di tasse crescenti o di tagli ai servizi ha scatenato una vivace discussione fra i banchi del consiglio comunale. È stato il capo dell’opposizione, il pidiellino Carlo Masseroli, già assessore all’Urbanistica con Letizia Moratti, a lanciare una proposta in linea col credo anti-tasse dei berlusconiani: restituire quei danari ai cittadini. «I milanesi hanno dimostrato all’assessore del Bilancio, Bruno Tabacci, di non essere evasori», ha dichiarato Masseroli alla cronaca milanese del Corsera, non rinunciando a un po’ di polemica contro la giunta, e ha proposto di tagliare le tasse «in variazione di bilancio», vale a dire con effetti immediati per i contribuenti meneghini. Una proposta a cui s’è subito dichiarata contraria la capogruppo del Partito democratico, Carmela Rozza. «Basta con le fantasie», ha commentato, «faremo un’analisi delle entrate e se l’Imu è andata bene quei soldi andranno a finanziare il fondo anticrisi». Insomma giù le mani dai danari incamerati in più: torneranno, nel caso, non ai cittadini che hanno pagato ma a quelli che hanno bisogno. Una vocazione robinhoodiana che contraddice però lo stesso impegno del Pd in generale e della sua capogruppo in particolare nel dibattito che aveva preceduto la definizione delle aliquote Imu per Milano. Erano stati infatti i piddini a pretendere, in dirittura d’arrivo, con una lunga seduta consiliare terminata alle quattro del mattino, una riduzione delle aliquote, trovando le risorse necessarie attraverso un giro di tagli degli assessorati e dello stesso gabinetto del sindaco. A fine giugno, furono infatti sgravati per complessivi 28,5 milioni i negozi e i laboratori (15), 13 milioni per le secondo case che erano affittate regolarmente e 400mila euro per gli immobili di aziende start-up. Ora che c’era la possibilità concreta di fare il bis, per un importo molto vicino a quello degli sgravi, la Rozza e il Pd hanno preferito accantonare. Abbiamo già dato, insomma. Altri soldi da gestire, altro consenso da incamerare diranno sicuramente i maligni. Altre buone politiche da mettere in piedi, s’indigneranno i pasdaran arancioni. Indifferenti su chi abbia ragione o torto, le vittime di questa patrimoniale altrimenti detta, i proprietari di case chineranno il capo.
Imu, Milano incassa di più E si tiene stretti i soldi
A Palazzo Marino 24 milioni in aggiunta rispetto alle attese
Italia Oggi
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