A partire dal 1 giugno, tutte le 143 centrali nucleare dell’Unione europea saranno sottoposte a nuovi stress test, come deciso dai leader europei lo scorso marzo dopo la tragedia di Fukushima. Gli impianti saranno testati per resistere a potenziali minacce quali terremoti, inondazioni, errori umani e incidenti aerei, mentre il pericolo di attacchi terroristici sarà affrontato come una questione separata.
HD L’UE lancia i test di resistenza sugli impianti nucleari La Commissione ha annunciato che i test nelle centrali nucleari comprenderanno tre fasi. La prima fase di “pre-valutazione ” sarà fornita dagli stessi operatori, la seconda fase sarà una valutazione organizzata dalle autorità nazionali, mentre la terza fase comprenderà studi internazionali condotti da esperti del settore, rappresentanti della Commissione e degli Stati membri.
I test saranno abbastanza rigorosi?
Sì per il presidente della commissione Industria, ricerca e energia, il tedesco di centro destra Herbert Reul. “Le prove prevedono persino la possibilità di incidenti aerei, mentre per le minacce terroristiche verrà creato un gruppo di lavoro separato, che discuta misure di sicurezza adeguate” ha spiegato. “Ciò che conta di più adesso è vedere come i test verranno effettuati nella pratica” ha aggiunto.
Maggiore preoccupazione per il tedesco socialista Jo Leinen, a capo della commissione Ambiente: “lasciare fuori problemi cruciali come il pericolo di attacchi terroristici e cibernetici svilisce di molto il significato dei test” ha lamentato, nonostante l’apprezzamento per gli altri criteri inseriti.
Le prove proposte sono “troppo deboli” anche secondo la liberale svedese Lena Ek. “Non offrono sufficiente chiarezza sull’indipendenza e la trasparenza delle prove” ha spiegato la deputata.
Ma il problema più grave, secondo la verde tedesca Rebecca Harms, “resta il carattere volontario di tutto il sistema”. Spetta infatti agli Stati membri decidere se prendere parte alle prove e quali reattori sottoporre ai controlli. La Harms ritiene inoltre che anche gli impianti di stoccaggio del combustibile nucleare esaurito debbano essere controllati.
Ancora più drastica la conservatrice greca Niki Tzavela: “se i criteri di valutazione siano abbastanza rigorosi o no non è la riflessione più importante da fare. Dopo Fukushima sappiamo tutti che le tecnologie nucleari sono pericolose e imprevedibili…dovremmo iniziare il graduale spegnimento degli impianti in tutta Europa”.
Simile la posizione della tedesca Sabine Wils della Sinistra Unitaria: “solo le centrali nucleari chiuse sono sicure”.
Mentre il conservatore inglese Giles Chichester oppone la considerazione che “la straordinarietà degli eventi giapponesi molto difficilmente potrà verificarsi in Europa per la profonda differenza delle condizioni geografiche”.
Cosa fare se un impianto non supera i test?
La decisione della Commissione è lasciare libertà agli Stati di decidere, nonostante sia consigliato chiudere gli impianti che non superano le prove.
Quasi tutti i deputati intervistati si sono dichiarati, invece, favorevoli alla chiusura obbligatoria.
Per il tedesco del PPE Herbert Reul però deve essere contemplata solo come seconda opzione: “La priorità deve essere l’aggiornamento dell’impianto e, solo se ciò non è possibile o economicamente conveniente per la società che lo gestisce, si deve prevedere la chiusura definitiva”.
Jo Leinen si è detto favorevole alla chiusura degli impianti non giudicati all’altezza o almeno al loro rinnovamento.
Lena Ek ha messo in guardia dal pericoli che i test di resistenza nucleari diventino “tigri di carta” come quelli bancari dopo la crisi finanziaria.
Per Giles Chichester “spetta all’autorità di regolamentazione nucleare di ciascuno Stato decidere”.
E gli impianti nucleari dei paesi vicini all’UE?
La Commissione europea sta lavorando per estendere i test anche a Russia, Svizzera, Ucraina e Armenia. I deputati riconoscono l’importanza di allargare i controlli anche fuori dell’Unione perché, come insegna Chernobyl, le radiazioni nucleari non hanno confini.
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