Il Territorio fabbrica i nuovi «mattoni» del fisco federalista

La gestione del catasto – L’anniversario

Il Sole 24 Ore
4 Aprile 2011
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Smaltite le montagne di arretrati che intasavano gli uffici del vecchio catasto, l’agenzia del Territorio taglia il traguardo dei dieci anni di attività con nuove missioni: case fantasma, rendite catastali, federalismo municipale. Intorno a queste parole chiave si gioca l’azione di un organismo tecnico che sarà chiamato – sempre più spesso – ad accompagnare lo sviluppo della nuova fiscalità immobiliare affidata ai Comuni. Addio a code e arretrato. Da quando è stata istituita, nel 2001, l’Agenzia ha lavorato per rendere più nitida e aggiornata la fotografia del patrimonio immobiliare, continuando un percorso iniziato dopo il condono edilizio del 1985. «Con la procedura manuale noi geometri facevamo la fila davanti agli uffici dalle quattro di mattina e si producevano solo arretrati», ricorda Bruno Razza, membro del Consiglio nazionale. La svolta è avvenuta in due mosse: la trasmissione telematica (che evita le file) e l’approvazione automatica (che azzera la discrezionalità degli uffici). Grazie a questi strumenti, i professionisti sono parte attiva nella gestione del catasto. Tanto che oggi il 90% degli atti di aggiornamento passa attraverso i geometri. Lo stesso processo ha riguardato il Notariato, vero precursore nel campo dell’informatica tra le categorie professionali. Fin dal 2001 i notai sono collegati in rete con il Territorio e operano con l’adempimento unico. Oggi, di cartaceo, resta solo il deposito degli atti alla conservatoria, ma anche questo passaggio potrebbe essere presto superato. «A Bologna, Firenze, Lecce e Palermo si sta sperimentando la dematerializzazione: l’Agenzia ha fatto un gran lavoro e spero che all’inizio del 2012 si possa partire su tutto il territorio nazionale», spiega Maurizio D’Errico, consigliere del Notariato. A rendere ancora più aggiornato il catasto contribuisce anche l’obbligo di verificare che la planimetria corrisponda allo stato di fatto degli immobili al momento del rogito, previsto dal Dl 78/2010. «Una norma di civiltà», la definisce D’Errico, che perfezionerà le situazioni catastali di pari passo con le compravendite immobiliari. Obiettivo 2 maggio. Non tutti gli obiettivi lanciati negli ultimi dieci anni, comunque, sono stati raggiunti. Il progetto di affidare il catasto ai Comuni, dopo essere stato affossato dai ricorsi al Tar, è uscito dall’agenda politica. Con una scelta che tutto sommato non dispiace ai geometri, come osserva Razza: «L’importante per noi è che tutto resti su un’unica piattaforma informatica e normativa. Vediamo già abbastanza frammentazione negli sportelli comunali per l’edilizia». Molto più importante per i professionisti pare allora l’altro “grande incompiuto” degli ultimi anni: il Mude, modello unico digitale per l’edilizia previsto nel 2006 da una norma di fine legislatura. Spiega Mario Picardi, primo direttore dell’Agenzia: «Il Mude eviterebbe al cittadino di dover provvedere ai due adempimenti oggi previsti, Dia e aggiornamento catastale, e consentirebbe automaticamente al catasto di conseguire l’aggiornamento, a opera realizzata». Il prossimo banco di prova, comunque, non sarà né il Mude, né il catasto ai Comuni. Dal 2 maggio i funzionari del Territorio dovranno partire con le operazioni a tappeto per attribuire una rendita catastale presunta a tutti gli “immobili fantasma” non dichiarati dai proprietari: circa 800mila, su un totale di 2 milioni inizialmente identificati. La parola ai sindaci. Una volta dotati di una rendita catastale, gli immobili fantasma potranno essere tassati, ma i Comuni – oltre a incassare l’Ici – dovranno decidere cosa fare con quelli abusivi sotto il profilo edilizio: abbatterli o far finta di nulla? Su questo dilemma si giocherà gran parte della credibilità di molti sindaci. Gli stessi che non hanno vigilato sul territorio. Gli stessi che – salvo rare eccezioni – non hanno utilizzato gli strumenti introdotti dalla Finanziaria 2005 per adeguare: la revisione delle microzone (comma 335) e il riclassamento (comma 336). Il tutto mentre in tante città ci sono centinaia di edifici accatastati come ultrapopolari (A/5) con rendite ridicole. L’Agenzia non è coinvolta nelle scelte politiche, ma potrebbe essere chiamata in causa come advisor tecnico, dato che il federalismo fiscale incentiverà gli amministratori locali a “coltivare” la propria base imponibile. Sempre che, a livello politico, non si riapra il dossier della revisione degli estimi. «Negli anni successivi alla sua istituzione – ricorda Picardi – l’Agenzia si è dedicata a un’impegnativa attività di analisi, studio e verifiche». Quel materiale è rimasto confinato al circuito accademico, anche perché, dal 2008, l’abolizione dell’Ici sulla prima casa ha fatto venir meno l’esigenza di superare estimi ormai lontani dai valori reali o fortemente sperequati. Picardi, però, è convinto che le cose cambieranno: «La nascita dell’i-mposta municipale propria e i riflessi negativi dell’attuale sistema estimale sulle imposte indirette sui trasferimenti immobiliari, prima o dopo, faranno avvertire la necessità di mettere mano ai criteri di determinazione della base imponibile immobiliare. In tal caso, gli studi e le analisi torneranno sicuramente utili».

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