Lo ha stabilito la Cassazione, che nella sentenza 46400/2015 depositata ieri ha scritto un altro capitolo nella complicata vicenda giudiziaria nata dalla «tragedia del 1° maggio», quando otto anni fa a Sorrento due donne furono uccise dalla caduta del cestello di una gru, mentre alcuni operai addobbavano con le luminarie la chiesa di Sant’Antonino.
La lunga storia giudiziaria ha fatto scattare la prescrizione per le lesioni e l’omissione di atti d’ufficio, mentre la Corte d’appello di Napoli dovrà tornare a occuparsi del caso per rideterminare alla luce di questi sviluppi la pena applicata all’omicidio colposo.
Al di là del caso sorrentino, sono i princìpi generali indicati dalla Cassazione a fissare il perimetro per l’attività dei sindaci. Anche se la ditta incaricata dei lavori non presenta una richiesta di intervento, resta il fatto che il sindaco «non poteva non essere consapevole» del pericolo creato dal cantiere. In questo caso, il principio è rafforzato dal fatto che l’ufficio del sindaco si trova nella stessa piazza del cantiere. Con questa premessa, scatta l’obbligo di adottare in modo tempestivo tutti gli atti necessari «a tutelare l’incolumità dei cittadini», come prevede l’articolo 54 del Testo unico degli enti locali.
Questo contesto di urgenza, aggiunge la Corte, fa sì che per la legittimità dell’atto occorra solo «l’effettiva esistenza di una situazione di pericolo» e non servono «formule o formalità o procedure sacramentali». Ma non è solo l’ordinanza urgente a tradurre in pratica il dovere del sindaco, che può manifestarsi con qualsiasi «atto idoneo» a evitare il pericolo, allertando la polizia o i vigili del fuoco oppure imponendo misure di sicurezza alla ditta. È l’inerzia, invece, a condannarlo.
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