Se il sindaco, all’atto della presentazione della sua candidatura, ha omesso di dichiarare la presenza di condanne a suo carico tali da renderlo, per espressa previsione normativa, incandidabile, oltre a subire la rimozione immediata dalla carica, deve altresì risarcire l’amministrazione locale di tutte le spese da questa sostenuta per garantire il corretto svolgimento della consultazione elettorale, vale a dire i compensi dei componenti dei seggi elettorali e gli straordinari del personale comunale. È quanto ha sancito la sezione giurisdizionale della Corte dei conti siciliana, nel testo della sentenza n. 2959/2010, da poco resa nota, con la quale ha condannato l’ex sindaco del comune di Forza d’Agrò (Me) che nel giugno 2006 si era candidato, con successo, alla carica di primo cittadino. Il tutto, nonostante lo stesso avesse omesso, all’atto della candidatura, di dichiarare il fatto che era stato condannato (con sentenza poi divenuta definitiva) per una pena superiore ai sei mesi a seguito della commissione di un reato con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione. Reato questo che la legge prevede come causa ostativa allo svolgimento del mandato elettorale e che gli è, ovviamente, costato la poltrona di primo cittadino, ma solo nel giugno del 2007. La procura siciliana, pertanto, alla luce delle risultanze del processo penale, richiedeva nei confronti dell’ex primo cittadino, la rifusione a favore delle casse dell’ente locale di tutti i compensi erogati ai componenti delle sezioni elettorali e di quei dipendenti che, a titolo di lavoro straordinario, avevano reso possibile il regolare svolgimento della tornata elettorale, in quanto, nei confronti dell’ex sindaco, si individuava «una dolosa violazione delle regole finalizzate al conseguimento della carica di sindaco» e, quindi, il danno derivante al comune per aver inutilmente sostenuto le spese indicate per la tornata elettorale del giugno 2006. Il collegio giudicante della magistratura contabile siciliana ha pienamente accolto le tesi del requirente. Infatti, come affermato anche dalla suprema corte di Cassazione, qualora un candidato, eletto alla carica di sindaco, sia successivamente dichiarato decaduto per aver subito in precedenza una condanna penale ostativa all’elezione, questo si traduce in un difetto di un requisito soggettivo per l’elettorato passivo che non può nemmeno essere sanato da un eventuale indulto intervenuto nel frattempo. Ne deriva, pertanto, che «le spese sostenute dal comune sono state del tutto inutili e, pertanto, costituiscono danno erariale riconducibile alla condotta dolosa del convenuto».
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