Dai rottami all’intonaco. Matteo Renzi, evaporato il sogno delle primarie Pd con l’arrivo del governo Mario Monti, accantona i suoi progetti di dismissione dei vecchi arnesi democrat e si dedica agli affreschi, l’intonaco appunto, di Palazzo Vecchio, sede del suo municipio come lo fu, per secoli, dei granduchi di Toscana. Il sindaco ha infatti fortemente sponsorizzato il progetto di sondare l’imponente Battaglia di Scannagallo che Giorgio Vasari vergò con maestria su un lato del Salone dei Cinquecento nel 1557. L’obiettivo è verificare se, come riportano alcune testimonianze, su quella enorme parete Leonardo avesse dipinto, cinquant’anni prima, la sua Battaglia d’Anghiari. Renzi, infatti, si è invaghito delle teorie di uno studioso italiano che lavora all’Università di S.Diego, Maurizio Terracini, forse il massimo esperto mondiale di questo giallo storico-artistico. Così il Comune ha innescato per tempo la complessa procedura di autorizzazioni che si è conclusa solo l’altro ieri sera quando, dagli uffici del ministero della Cultura, è arrivato il via libera al mini-carotaggio.
Da ieri, infatti, attraverso sette minuscoli fori praticati nel grande affresco vasariano e con l’ausilio di microtelecamere, il professore sonderà le mura antichissime per verificare quello che lui e altri scienziati sostengono da tempo: sotto quelle scene guerresche, riposa l’abbozzo di un altro grande affresco che Leonardo abbandonò forse perché volle sperimentare, fallendo, una tecnica nuova, addirittura a olio. Dunque il sindaco-rottamatore, deluso dalle sorti politiche nazionali, si dà alla storia dell’arte? Manco per idea: Renzi, anche in questa operazione di archeologia rinascimentale, mostra tutto il suo acume e la sua capacità di sintonizzarsi coi cittadini.
Lo aveva già dimostrato anche in settembre, scatenando un putiferio fra gli storici ma anche un ampio dibattito fra i suoi amministrati, quando aveva proposto che la facciata incompiuta della basilica di San Lorenzo, la più antica di Firenze, fosse ultimata usando i progetti che Michelangelo stesso aveva già predisposto. E lo stesso Renzi aveva fatto quando, arrivato nel 2004 alla presidenza della provincia da perfetto Carneade aveva lanciato un piano straordinario di valorizzazione dell’arte cittadina, il Genio fiorentino, che usò come trampolino per farsi conoscere all’Italia, ben prima delle sue esternazioni rottamatorie. Oggi il Rottamatore sa che per un po’ dovrà tornare a occuparsi di Firenze – ha appena convocato una kermesse 20-vènti con cui ha disegnato a mo’ di stati generali i futuri scenari della città del giglio – e lo fa andando a pizzicare di nuovo le corde profonde dei fiorentini ma non soltanto: cercare un Leonardo sepolto ha un valore simbolico eccezionale anche per l’ultimo dei suoi amministrati. Nell’Italia depressa dagli spread e dagli scenari di tagli e nuove tasse, il sindaco reintroduce nella politica la dimensione del sogno, di una piccola nuova frontiera fatta in casa. «Comunque vada», gongola Renzi, «avremo messo un punto fermo nella storia dell’arte». Il sindaco ovviamente non lo dice, ma nel conto c’è anche il pieno di visibilità che, comunque, il marchio stesso del «da Vinci» assicura: per alcuni suoi disegni originali, non molti anni fa, un certo Bill Gates sborsò oltre 30 milioni di dollari. In tutto questo il Pdl fiorentino, anziché cercare di sfruttare il cono di luce del riflettore mondiale che si va accendendo, attacca il sindaco che pure, per questa operazione, s’è trovato uno sponsor ben pagante come il National Geographic. Il partito che grida spesso contro la rendita di posizione, da anni vero freno allo sviluppo cittadino, finisce per scegliere la conservazione a prescindere.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento