I complessi problemi che caratterizzano la questione nascono dal fatto che il rifiuto (articolo 186, comma 7 del Codice della strada) è tendenzialmente punito con le stesse, pesanti sanzioni dell’ebbrezza grave (tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi/litro, articolo 186, comma 2, lettera c). Però poi ci sono fattispecie particolari in cui scatta un trattamento ancora più pesante, che però alla luce delle due sentenze depositate ieri sono da intendere come applicabili alla sola ebbrezza grave e non anche al rifiuto.
Queste fattispecie sono la guida di un veicolo che appartiene a un estraneo al reato (per la quale l’aggravamento della sanzione è rappresentato dal raddoppio del periodo di sospensione della patente) e l’aver causato un incidente (che comporta il raddoppio di tutte le sanzioni previste per il tipo di ebbrezza accertato). Le sentenze di ieri affrontano ciascuna una delle due fattispecie e premettono che i problemi d’interpretazioni sono dovuti al fatto che la normativa è stata cambiata più volte nel giro di pochi anni (dal 2007 al 2010) e senza un vero coordinamento.
La sentenza 46624 si occupa del caso del veicolo di un estraneo e si basa sulla differenza tra rinvio recettizio (o statico, nel quale si recepisce per intero il testo di un’altra norma così com’è al momento in cui è stato scritto il rinvio, quindi non si fa altro che evitare di riprodurlo) e formale (dinamico, nel quale invece si recepisce il principio della norma di riferimento, per cui, quando quest’ultima cambia, «muta inevitabilmente» anche il significato della norma di rinvio). Secondo le Sezioni unite, nel caso dell’articolo 186, il rinvio non può essere di tipo dinamico, perché nella versione “intermedia” – quella che cancellò la depenalizzazione del rifiuto e fu introdotta dal Dl 92/2008, per essere ulteriormente modificata dalla legge 120/2010 – ci sono rinvii distinti alle pene previste per l’ebbrezza grave e alle modalità e procedure della confisca, che è una delle sanzioni previste per l’ebbrezza grave. Quindi c’è una «autonoma disciplina» del rifiuto rispetto a quest’ultima.
Le Sezioni unite considerano poi il dato letterale che c’è anche nell’attuale versione dell’articolo 186: il comma 7 punisce il rifiuto «con le pene» previste per l’ebbrezza grave. E la sospensione della patente (il cui raddoppio è oggetto della sentenza) non è una pena, ma una sanzione accessoria.
La sentenza 46625, oltre a richiamare anch’essa il dato letterale, si basa invece sulla «diversità ontologica» tra il conducente in stato di ebbrezza (per il quale il raddoppio delle sanzioni è previsto in modo diretto ed esplicito in caso d’incidente) e quello che rifiuta il test. Le Sezioni unite esaminano la successione delle modifiche dell’articolo 186 per concludere che l’ultima versione, per il modo in cui prevede la depenalizzazione dell’ebbrezza più lieve e introducendo la possibilità per il giudice di sostituire la pena col lavoro di pubblica utilità, se omette di stabilire esplicitamente che il raddoppio vale anche per chi rifiuta il test, non lo fa per un difetto di coordinamento, ma per una scelta precisa.
Le vicende parlamentari del 2010 testimoniano che in realtà anche la riscrittura dell’articolo 186 fu frutto di spinte e controspinte di natura più politica che giuridica, per cui il coordinamento non era certo fra le priorità in quei giorni. Ma questo davanti alla Cassazione non conta.
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