Il Piano Nazionale per la Banda ultralarga prevede una Rete di Stato

Il Governo conferma che saranno investiti 4 mld per le aree caratterizzate dal digital divide

8 Gennaio 2016
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Una rete di Stato si affiancherà a quella dei privati per andare a completare il Piano Nazionale per la banda ultralarga. L’intervento diretto, già previsto dal Piano nei cluster D, ovvero nelle aree bianche a fallimento di mercato dove nessuno degli operatori si è candidato a investire, è confermato dal sottosegretario Claudio De Vincenti e sarà di circa 4 miliardi di euro.

Infratel, intermediario per conto del Governo, farà da ‘stazione appaltante’ e dovrà bandire una gara. A oggi il candidato ideale per realizzare la rete, quale operatore non verticalmente integrato, appare Enel. A sua volta poi Enel dovrà farà i contratti di gestione con i singoli operatori.

Nel report elaborato a fine 2014 della Presidenza del Consiglio (redatto a chiusura della consultazione pubblica) già veniva stimato che “circa 4.300 comuni, ove risiede il 15% della popolazione italiana, rimarranno comunque aree bianche NGA per le soluzioni a 30 Mbps, anche a fronte delle condizioni di favore predisposte. In questi casi si prefigura di utilizzare risorse pubbliche a fondo perduto per la realizzazione di una rete ad almeno 30 Mbps, utilizzando prevalentemente il modello di intervento diretto”. Ad agosto il Cipe aveva poi assegnato 3 miliardi e 500 milioni di Fondi europei per il piano strategico per la banda ultralarga, con 2,2 miliardi pronti da spendere subito.

Il piano d’investimenti, secondo indiscrezioni di stampa, sarebbe stato prenotificato alla Commissione Ue prima di Natale e la notifica formale sarebbe attesa entro metà gennaio per dare il via ai bandi di gara per l’assegnazione dei fondi alla luce del nuovo piano annunciato da Telecom Italia che ha esteso i suoi investimenti ad altri 1.146 comuni inizialmente non previsti.

Secondo le più recenti indiscrezioni di stampa, la rete pubblica porterà la fibra (spenta) a 19 milioni di persone entro il 2018, in quei 7.300 comuni dove gli operatori non investiranno. Nel modello d’investimento diretto lo Stato sarà proprietario dell’infrastruttura ma poi dovrà esserci una gara per gestirla, una soluzione auspicata dagli ‘olo’ (operatori alternativi), come aveva avuto occasione di dire l’ad di Fastweb, Alberto Calcagno, perché garanzia di maggiore concorrenza a loro modo di vedere. E anche la Commissione europea di certo preferisce questa soluzione agli incentivi. «Ci ha fatto sapere informalmente di preferirla ad altre ipotesi», dichiara Antonello Giacomelli, sottosegretario dello Sviluppo Economico.

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