Per i comuni arrivano ufficialmente gli sconti sul patto di stabilità 2011. Dopo più di tre mesi d’attesa i sindaci potranno finalmente applicare ai rigidi obiettivi contabili fissati dal dl 78/2010 e dalla legge di stabilità (n. 220/2011) le correzioni necessarie a renderli sostenibili. Il tutto in tempo utile per programmare i bilanci di previsione, il cui termine di approvazione scadrà il prossimo 30 giugno. Il dpcm che individua le soglie di salvaguardia oltre le quali non potrà spingersi il contributo chiesto ai municipi sarà pubblicato domani sulla Gazzetta Ufficiale n.120. Per i sindaci si conclude così una lunga attesa visto che sul provvedimento (che a norma di legge doveva essere varato entro il 31 dicembre 2010) l’accordo tra il governo e le autonomie era stato raggiunto il 2 febbraio scorso. Ma poi il testo si è impantanato alla Corte dei conti che sembrava non volerne sapere di rilasciare il visto di regolarità contabile. E già qualcuno iniziava a temere che dietro il silenzio della Corte potessero nascondersi problemi di mancanza di copertura dell’assegno di 480 milioni stanziato dall’esecutivo. Da cui va però decurtato il sostanzioso aiuto a Milano per l’organizzazione dell’Expo 2015 (110 milioni di euro a palazzo Marino e 20 a palazzo Isimbardi). Restano sul piatto 310 milioni per il comparto dei comuni e 40 per le province che serviranno a ridurre gli obiettivi in quelle realtà locali in cui l’applicazione delle nuove regole avrebbe determinato effetti (quasi) devastanti. La necessità di riequilibrio. E dire che, rispetto agli anni passati, il Patto 2011 sembrava essere partito col piede giusto dopo la decisione del legislatore di abbandonare il criterio vigente fino al 2010 (miglioramento del saldo 2007) per adottare, su richiesta dell’Anci, un nuovo parametro giudicato più equo e stabile: l’equilibrio di bilancio, ossia il pareggio tra entrate e uscite calcolate con il metodo della «competenza mista». A questo criterio generale, il Patto 2011 ne ha aggiunto uno specifico per ogni singolo ente: ai sindaci è stato chiesto un miglioramento percentuale della spesa corrente 2006/2008. Dopodiché l’obiettivo, così determinato, andrà raffrontato con quello che si sarebbe ottenuto applicando i vecchi parametri (dl 112/2008) e ulteriormente corretto (in aumento o in riduzione) del 50%. È apparso subito chiaro, tuttavia, che questo meccanismo particolarmente complesso avrebbe richiesto ad alcuni enti obiettivi insostenibili, superiori in alcuni casi (circa 550 comuni) al 10% della spesa corrente. Per questo il dpcm 23 marzo 2011, che andrà domani in Gazzetta, ha individuato tre percentuali di salvaguardia (in base alla fascia demografica) oltre le quali la manovra non potrà andare. Da 5.000 a 10.000 abitanti l’obiettivo in valore assoluto non potrà essere superiore al 5,4% della spesa corrente media triennale, da 10.000 a 200.000 il limite è fissato al 7%, mentre per i comuni sopra i 200.000 si applicherà una percentuale del 10,5%. Gli effetti benefici sui conti compensano la difficoltà del meccanismo. In termini pro capite grazie alla correzione contenuta nel dpcm si passerà da un obiettivo pari a 60,4 euro a uno di 44,6 euro, uniformemente distribuito sul territorio. E che premierà soprattutto i comuni medio-piccoli. Con qualche eccezione. Il comune che beneficerà dello sconto maggiore sarà infatti Torino (30 milioni circa), seguito da Parma (-19 milioni), e Taranto (-14,5 milioni). Solo 13 comuni dovranno andare incontro a una manovra superiore ai 100 euro pro capite (tra cui proprio Torino con 138 euro a cittadino) mentre solo tre sindaci dovranno sostenere una manovra tra il 10 e il 10,5%.
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