Antonello Cherchi
Per le province è tutto da rifare. Per quanto riguarda l’accorpamento – con conseguente riduzione del numero delle amministrazioni – e il trasferimento delle funzioni a regioni e comuni – compreso il passaggio di personale, patrimonio, risorse (poche) e debiti (molti) – si è ritornati al punto di partenza.
Il lavoro fin qui svolto e sfociato nel decreto legge 188/2012, che tagliava quasi la metà delle province, si è, infatti, bruscamente interrotto a causa della crisi di Governo, che ha indotto il Parlamento a far cadere il Dl di riordino. Il prossimo Esecutivo e le future Camere potranno anche tener conto di quanto già fatto finora, ma non c’è nulla di certo. Anzi, considerata la delicatezza della materia – con un ampio fronte che, in teoria, è per la riduzione delle province, ma che, all’atto pratico, si scontra con consistenti e diffusi interessi contrari al taglio – c’è da pensare che la questione sarà rimessa in discussione.
Di certo al momento c’è che la partita è rinviata a fine 2013. Così prevede, infatti, la legge di stabilità (legge 228/2012), che con il comma 115 ha rimandato al prossimo 31 dicembre il termine per la riforma delle province, mettendo per il momento in naftalina anche il resto degli interventi – la riorganizzazione delle prefetture e l’istituzione delle città metropolitane – che avevano come presupposto il riordino delle amministrazioni provinciali.
La prima conseguenza di ciò è che anche quest’anno nessuna provincia andrà al voto. Così come è accaduto lo scorso anno – quando, per effetto di quanto previsto dal decreto legge salva-Italia (Dl 201/2011), che ha “svuotato” le province, trasferendone le competenze a regioni e comuni (passaggio, quest’ultimo, ancora neanche affrontato) e allo stesso tempo ha congelato il rinnovo delle amministrazioni in scadenza – anche quest’anno la parola, invece che agli elettori, verrà data ai commissari, che dovranno reggere le province scadute fino al completamento della riforma.
Otto amministrazioni (Asti, Varese, Massa-Carrara, Roma, Benevento, Foggia, Catanzaro e Vibo Valentia), che arriveranno a fine corsa nel 2013, passeranno, pertanto, sotto la gestione commissariale, aggiungendosi alle sei che si trovano nella medesima situazione dallo scorso anno.
Un quadro (per usare un eufemismo) articolato, complicato – come ricorda Piero Antonelli, direttore generale dell’Upi (Unione province italiane) – dai ricorsi pendenti davanti alla Corte costituzionale e che investono sia le norme di riorganizzazione delle province dettate dal decreto Salva-Italia, sia quelle introdotte dal Dl 95/2012, da cui ha preso origine il decreto 188, poi abortito in Parlamento. Per il prossimo Governo, una vera patata bollente.
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