Questo è il debito per come appare. Bisogna vedere, poi, cosa si annida tra i residui attivi: 15,7 miliardi. I residui attivi sono crediti accertati ma non riscossi e rappresentano il male non solo delle Regioni e degli enti locali, ma anche dello Stato centrale, che la Corte dei conti nazionale non manca mai di censurare, appunto, per la massa di residui attivi da entrate extra-tributarie. La domanda che sorge spontanea è come mai la Regione siciliana non riscuota somme per un ammontare così ingente a fronte di una situazione di illiquidità e di oggettive difficoltà finanziarie, come ha riconosciuto ieri lo stesso Lombardo.
Né è rassicurante il fatto che una parte rilevante dei residui attivi siano crediti verso lo Stato. Sappiamo bene in quali condizioni versino le casse dello Stato. Ma che succede se la Regione iscrive a residuo attivo somme spese in attività inutili e clientelari come i cantieri di lavoro, imputandole al Fas (Fondo per le aree sottoutilizzate)? Può succedere che il governo non riconosca questo tipo di credito (200 milioni di euro), perché i fondi Fas possono essere utilizzati solo per investimenti. Ecco che un residuo attivo può trasformarsi in un credito inesigibile. Ovvero, in un debito occulto. E a quanto ammontano questi crediti fittizi? Solo un’accurata due diligence potrebbe dirlo.
La relazione di parificazione pone anche l’accento sulle tensioni finanziarie causate dalla stretta del governo Monti, che ha imposto all’amministrazione regionale di effettuare tagli di spesa per 1,1 miliardi nel 2012, previsti in crescita a 1,2 miliardi l’anno nel 2013 e nel 2014. Chiosa ancora la Arrigoni: «In Sicilia diverse pur valide iniziative hanno scontato il condizionamento di interessi indisponibili ad una incisiva attività di riforma, che pure sarebbe stata necessaria per arginare quelle criticità finanziarie nelle quali è il rischio di sostenibilità futura del bilancio regionale».
Lombardo canta vittoria perché il governo ha assicurato l’immediato trasferimento nelle casse della Regione siciliana di 400 milioni su un credito da essa vantato verso lo Stato di un miliardo. Se lo Stato sgancia i soldi dopo il pandemonio che è scoppiato, dice in sostanza Lombardo, ciò è la dimostrazione che l’allarme lanciato dai giornali non esiste, è strumentale.
In realtà è vero il contrario. La condizione di illiquidità della Regione siciliana può ripercuotersi negativamente sul mercato dei titoli del debito pubblico italiano e per evitare spiacevoli conseguenze il governo accetta di farsi carico dell’emergenza, versando il denaro necessario a garantire stipendi, pensioni e fornitori di Palazzo dei Normanni. Ma con questi chiari di luna non può che essere un fatto episodico. Il tempo delle cambiali in bianco è finito.
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