Prima di affrontare il tema della costosa quanto assolutamente inutile distinzione tra forniture alla pubblica amministrazione in reverse charge piuttosto che con lo split system, andiamo a leggere nelle circolari 14 e 15/E quante volte si dice che occorre fare distintamente fatture con un sistema e con l’altro. Si devono puntualizzare alcune nozioni contenute nell’ultima circolare che, pur rispettando formalmente una (errata) definizione presente sin dall’inizio nella rubrica dell’articolo 17 legge Iva, rischiano di accrescere anziché ridurre le incomprensioni relative ad adempimenti che sono partiti in modo troppo affrettato, e, non dimentichiamo, attendono ancora il benestare dell’Unione europea.
Nella direttiva comunitaria, attualmente la 2006/112/Ce (ma era così anche nelle precedenti direttive II e VI), esistono due nozioni che non possono essere confuse. Si tratta di quelle relative a:
- soggetto passivo o soggetto di imposta, colui che esercita un’attività economica rilevante ai fini Iva: articoli 9 a 13 della direttiva, articoli 4 e 5 della legge Iva;
- debitore di imposta, chi è tenuto a rendersi debitore del tributo verso l’erario: articoli 192-bis a 205 della direttiva, articolo 17 della nostra legge Iva, che però si trascina da sempre una rubrica errata: “soggetti passivi”.
A parte il primo comma, che enuncia la regola di default, secondo cui debitori di imposta sono i soggetti passivi, che pongono in essere l’operazione, dal secondo comma in poi sono tutte disposizioni relative al reverse charge, quando cioè un soggetto di imposta, diverso da chi ha effettuato l’operazione. ne diviene debitore in proprio.
Fatta questa premessa, non possono essere condivise le affermazioni della circolare 15/E, secondo cui nello split system il fornitore rimane debitore di imposta (è invece unicamente un soggetto passivo), in quanto debitore di imposta diventa l’ente destinatario della cessione o della prestazione, e che di rivalsa non se ne parla proprio, perché rivalsa vuol dire che il fornitore si fa pagare l’Iva dal cliente. E ancor meno comprensibile è l’affermazione secondo cui l’ente avrebbe solo l’onere di versare l’Iva relativa agli acquisti, quasi fosse un sostituto di imposta, che agisce in nome e per conto del fornitore. Ma non lo è affatto, perché, se l’ente non versa l’Iva, chi ha eseguito la cessione o prestazione non ha nessuna responsabilità.
Dopo aver chiarito cosa significa soggetto passivo rispetto alla nozione di debitore di imposta, dobbiamo auspicare una sollecita modifica normativa, affinché i rapporti con la pubblica amministrazione siano disciplinati sempre e comunque con la scissione dei pagamenti, senza alcun riferimento al tema del possibile reverse charge, che ha finito per prevalere sulla scissione.
Il tema riguarda in particolare la distinzione tra l’ente che opera solo nell’ambito dell’attività istituzionale ed ente che ha anche un’attività commerciale. Il caso – non inventato – è quello dell’idraulico di un paese di montagna, dove il comune gestisce in proprio anche l’acquedotto. L’idraulico si trova ora ad avere tre tipi di fatturazione:
- codice fiscale del Comune, e scissione dei pagamenti per i servizi all’attività istituzionale (un intervento nella sede comunale);
- partita Iva del Comune e reverse charge quando svolge una manutenzione dell’acquedotto;
- partita Iva del Comune e scissione dei pagamenti quando svolge una diversa attività per l’acquedotto, come potrebbe essere la lettura dei contatori.
La scissione dei pagamenti, sempre e soltanto sul codice fiscale del Comune, soddisfa tutte le esigenze. La distinzione della partita Iva riguarda lo spesometro, che è diventato inutile con la fattura elettronica. E se lo split system riguarda l’acquedotto, l’articolo 5 del relativo regolamento dice che il comune liquida l’imposta a debito e a credito, come nel reverse charge, e non la versa all’erario con l’F24.
È quindi l’ente che deve decidere e contabilizzare le varie possibili attribuzioni dei suoi acquisti, evitando onerosi e inutili adempimenti per i suoi fornitori.
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