Il divieto ad assumere personale con qualsiasi tipologia di contratto, imposto dal legislatore agli enti locali che non rispettano il Patto di stabilità, non si aggira. Infatti, se il sindaco, incurante di tale sanzione, provvede lo stesso a sottoscrivere contratti di collaborazione, è responsabile del relativo danno patrimoniale che ha arrecato alle casse dell’amministrazione che egli dirige. Lo ha sancito la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per il Lazio, nel testo della sentenza n. 976/2010, con la quale ha evidenziato la responsabilità, a titolo di colpa grave, di un amministratore che non ha osservato le conseguenze derivanti dal mancato rispetto del patto di stabilità interno. All’ex sindaco di Aprilia, Calogero Santangelo, la procura contabile contestava di aver sottoscritto contratti di consulenza per oltre 180 milioni di euro, nonostante il parere sfavorevole espresso dal responsabile del servizio finanziario del comune per il mancato rispetto del patto di stabilità. Sul bilancio dell’ente, infatti, pendevano nel 2007 le limitazioni previste dal comma 33 della legge finanziaria 2005, vale a dire il divieto di procedere all’assunzione di personale «a qualsiasi titolo» per non aver rispettato il patto nel 2006. Non vi è dubbio, si legge nella sentenza, che il divieto imposto dalla finanziaria 2005 per gli enti che non avevano rispettato il patto, si applichi anche, come nel caso in esame, agli incarichi conferiti ai sensi dell’articolo 110 del Tuel inerenti al conferimento di incarichi dirigenziali e di collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità. Infatti, il carattere generale della disposizione e la perentorietà della terminologia usata (assunzioni a qualsiasi titolo) inducono a ritenere che ricada nel divieto qualsiasi situazione che, a prescindere dal «nomen juris», dalla esistenza o meno di procedure di evidenza pubblica per la scelta, dalla natura pubblica o privata dell’incarico, sia intesa a dar vita ad un nuovo rapporto di lavoro subordinato. Quindi, è esclusa la possibilità di procedere al conferimento o proroga di incarichi dirigenziali e di collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità previsti dall’art. 110 Tuel, in quanto, sostanzialmente, si configurano come contratti di lavoro a tempo determinato. A riprova del potenziale impatto finanziario di detti incarichi va osservato che lo stesso Tuel a fronte di situazioni di particolare squilibrio di bilancio, ne prevede addirittura la risoluzione di diritto (art. 110, comma 4). Da queste considerazioni, ha proseguito il collegio, se ne deduce che gli incarichi conferiti dal sindaco sono «violativi» del divieto imposto dalla legge finanziaria 2005 e le spese per essi sostenute, da considerare danno erariale. Al riguardo, il collegio ha ritenuto che «dall’insieme della vicenda», emerga una condotta connotata da colpa grave, ravvisabile nella «radicale inosservanza» di una norma di settore a fronte di un quadro interpretativo omogeneo.
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