Il cantiere delle nuove tasse sulla casa

L’aumento delle rendite catastali rischia di avere effetti più pesanti nei piccoli centri

Il Sole 24Ore
21 Novembre 2011
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Per farlo, basterebbe cambiare tre parole. È probabilmente la semplicità pratica a spingere la rivalutazione delle rendite catastali nella prima pagina del dossiercasa che occupa la scrivania del nuovo premier, Mario Monti. Le tre parole sono quelle della legge del 1996 (la 662), che aggiorna del «5 per cento» l’importo delle rendite “originali”, entrate in vigore nel 1992 e calcolate sui valori immobiliari dell’ormai lontano 1988; tre cicli di mercato fa. Accanto alla rivalutazione, però, il pacchetto di opzioni comprende anche la reintroduzione dell’Ici sull’abitazione principale, che dovrebbe essere il capitolo chiave della “ristrutturazione” del federalismo fiscale. Un versante, questo, su cui si collocano anche i capitoli dell’Imu  destinata a prendere il posto dell’Ici dal 2013 o dal 2012 in caso di ulteriori accelerazioni  e della nuova imposta sui servizi ipotizzata dalla bozza di decreto correttivo del fisco municipale, predisposta dal Governo Berlusconi, ma mai approvata definitivamente.

Le opzioni sul tavolo. Il mattone, insomma, sarà al centro dei provvedimenti fiscali destinati a finire sul tavolo di uno dei prossimi consigli dei ministri. Le misure sono varie, ma tutte poggiano sulla questione delle rendite catastali, che generano la base imponibile di tutto il fisco immobiliare. Ecco perché è importante capire se e come si deciderà di correggere i valori attuali. Secondo l’agenzia del Territorio, i valori di mercato delle abitazioni principali sono mediamente 3,59 volte più elevati degli imponibili a fini Ici. Dato che sale a 3,85 per gli immobili diversi dalla prima casa. Non è difficile, quindi, intuire da dove venga l’idea di un adeguamento delle rendite. Un’idea contro cui Confedilizia, l’associazione dei proprietari, aveva annunciato battaglia già nelle scorse settimane, richiamandosi a precedenti pronunce costituzionali.

I numeri del divario. Qualsiasi scelta politica, comunque, dovrà partire dai numeri, che mostrano come dietro il dato medio si nasconda una miriade di situazioni diverse. Frutto dell’epoca di costruzione degli edifici, dell’evoluzione del mercato immobiliare e, infine, dell’attenzione con cui i sindaci hanno coltivato le proprie basi imponibili. Gli esempi riportati nella tabella in basso offrono uno spaccato della situazione nelle città italiane, dai comuni più piccoli ai centri maggiori. Come esempio della prima categoria si possono considerare due trilocali, uno a Momo (in provincia di Novara) e l’altro a Salve (Lecce), dove lo scostamento è tutto sommato contenuto (intorno alle tre volte). Più ampia la forbice, invece, nelle grandi città. Nell’alloggio campione in centro a Milano, per esempio, il mercato (fotografato prudenzialmente con i valori rilevati dall’Osservatorio immobiliare dell’agenzia del Territorio) chiede sette volte i valori catastali. Mentre nel casolimite del trilocale in centro a Napoli si arriva a un prezzo 12 volte più elevato dell’imponibile Ici. Non esiste, però, un’unica chiave di lettura in grado di spiegare le differenze. L’agenzia del Territorio, per esempio, nelle sue analisi ha scoperto che anche l’età dei proprietari ha un ruolo: in genere, infatti, le persone più anziane abitano in edifici di più lontana costruzione, spesso in centro, che hanno visto negli ultimi anni un incremento delle quotazioni immobiliari superiore alla media. Se poi si aggiunge che spesso gli edifici costruiti tra la fine dell’800 e i primi del 900 sono anche quelli che hanno subito i più importanti interventi di ristrutturazione, il gioco è fatto. Non è un caso che negli ultimi cinque anni  rilevano le statistiche catastali  oltre 175mila abitazioni siano state promosse dalle categorie «popolare» e «ultrapopolare» in altre dalle rendite più ricche. L’aggiorna mento, però, non procede ovunque allo stesso ritmo. Anche perché sono pochissimi i Comuni che hanno sfruttato gli strumenti introdotti dalla Finanziaria 2005 per aggiornare la fotografia catastale del patrimonio edilizio: in meno di mille casi, gli enti locali hanno inviato le lettere ai cittadini per avviare la revisione dei classamenti. Addirittura, quattro sindaci su dieci non si sono nemmeno dati la pena di verificare che le ristrutturazioni edilizie  da loro stessi autorizzate  fossero state segnalate anche al Territorio, per l’aggiornamento

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