Lo scorso 9 giugno, in audizione alla commissione finanze del Senato, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili aveva sottolineato con forza come sarebbe stata inaccettabile la previsione di un termine massimo decorso il quale l’eventuale sospensione della riscossione, accordata al contribuente dal giudice nelle more del giudizio di primo grado, avrebbe cessato di avere efficacia anche se nel mentre il giudice non si era ancora pronunciato nel merito della pretesa erariale. Il legislatore ha poi corretto il termine inizialmente apposto (da 150 a 300 giorni) e ora è intenzionato a proporre lo stralcio di una misura oggettivamente iniqua, man mano che questa consapevolezza è cresciuta nel dibattito socioeconomico del paese. Anche sul fronte delle norme che limitano l’utilizzo in compensazione dei crediti tributari, per i contribuenti debitori verso lo stato di somme iscritte a ruolo, avevamo espresso le nostre perplessità. Non tanto per la misura in sé, della cui parziale rivisitazione annunciata siamo comunque soddisfatti, quanto invece perché la via della sempre più stretta correlazione delle responsabilità incrociate tra cittadino e stato, in ordine alle reciproche posizioni debitorie e creditorie, deve essere affrontata con una diversa ottica. Impedire il diritto di operare compensazioni fiscali, quando si è in difetto rispetto al pagamento di importi iscritti a ruolo, ci può stare, ma è ormai arrivato il momento di agire a monte su una più ampia e penetrante possibilità di regolamentazione mediante compensazione dei rapporti debitori e creditori che intercorrono tra lo stato e i suoi cittadini. Riteniamo che qualsiasi credito vantato verso una pubblica amministrazione dello stato debba poter essere utilizzato dal cittadino in compensazione con i suoi debiti. Basti pensare alle tante imprese e liberi professionisti che abitualmente effettuano forniture e prestano servizi nei confronti di pubbliche amministrazioni, attendendo a volte anche per più anni il pagamento di quelli che, dal loro punto di vista, sono crediti liquidi, certi ed esigibili. Gli strumenti tecnologici, che consentirebbero la gestione in tempo reale delle regolamentazioni finanziarie, possono essere agevolmente predisposti. È solo una questione di volontà politica e, prima ancora, di civiltà; ma pure di convenienza e non soltanto per il cittadino: essendo noto che lo stato impiega tempi biblici per pagare, non di rado nei prezzi che vengono ad esso addebitati si forma una componente finanziaria implicita che, di fronte alla possibilità di recupero delle somme mediante la compensazione, verrebbe meno, con effetti positivi anche in termini di riduzione della spesa pubblica. Se il problema, nell’ottica dell’Erario, è quello di avere una certificazione del credito vantato dai contribuenti presso le pubbliche amministrazioni debitrici, può essere risolto mediante la collaborazione e l’intervento anche dei commercialisti italiani. Siamo e rimaniamo convinti che, senza voler svilire altri importanti progetti riguardanti il diritto e la libertà di intrapresa economica in Italia, sia questo uno dei tasselli fondamentali e più rivoluzionari dai quali si dovrebbe partire.
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