ROMA – Stritolati. Così potrebbero essere raffigurati i neogovernatori meridionali del centrodestra. Tra i tagli della manovra, conditi dai cosiddetti parametri virtuosi, e i timori di un federalismo poco solida-le, non c’è molto da stare allegri. E allora cercano di fare squadra, tentando di giocare contemporaneamente su due fronti: quello generale contro la scure di 10 miliardi abbattutasi sulle regioni e quello più «territoriale» a partire dalla proroga sul rientro dal deficit sanitario, che peserà non poco anche sul futuro federalismo. Dopo la lettera inviata al ministro dell’Economia Giulio Tremonti, ieri i presidenti di Calabria Giuseppe Scopelliti, Lazio Renata Polverini, Campania Stefano Caldoro e Molise Michele Iorio (assente il governatore abruzzese Giovanni Chiodi) si sono riuniti a Roma per inviare il loro messaggio «propositivo». Un distinguo che per qualcuno dimostrerebbe la rottura del fronte dei governatori. «Ma niente affatto, noi siamo perfettamente in sintonia con quanto espresso dagli altri presidenti, solo che ? replica il calabrese Scopelliti ? non possiamo neppure pretendere di far condividere a Zaia (il governatore leghista del Veneto, ndr) problemi che sono specifici delle nostre regioni». Scopelliti pensa anzitutto alla sanità. Settore che, per ammissione dello stesso ministro Giulio Tremonti, è quello che desta maggiore preoccupazione. I governatori meridionali chiedono la proroga dei piani di rientro dai deficit sanitari. «Oggi ? insiste il presidente della Calabria ? c’è una nuova classe dirigente che si batte per i propri territori e che non merita di essere colpita per la cattiva gestione fatta da chi ci ha preceduti». Vale per i piani di rientro sulla sanità ma non solo. L’emendamento alla manovra che premia le regioni «virtuose», ovvero quelle che hanno meno costi per il personale, che hanno migliori performance sul fronte della spesa sanitaria e delle false invalidità sembra scritto apposta per colpire le amministrazioni del Sud. «Gli enti virtuosi non esistono, è un’asserzione stupida», attacca Caldoro. Il ragionamento del governatore della Campania è semplice: «Non possiamo subire discriminazioni per condizioni di svantaggio che nascono da eredità disastrose». Per questo, nel documento sottoscritto ieri, i cinque governatori chiedono anzitutto «l’attenuazione del patto di stabilità» e più tempo per rientrare dai deficit sanitari. Contemporaneamente, deve essergli riconosciuta anche l’erogazione delle cosiddette «premialità », che non sono state assegnate proprio a causa del mancato rispetto del patto. I tagli della manovra assieme ai già pesanti adempimenti imposti sul fronte sanitario rischiano infatti di schiacciare i neogovernatori. E non basta a farli indietreggiare lo sbandieramento dei dati sulla scarsa spesa delle risorse messe a disposizione dal Fondo per le aree sottoutilizzate, il famigerato Fas, a cui per altro il governo ha attinto a mani basse per finanziare le più disparate esigenze. Anzi, nel documento i governatori meridionali del centrodestra rivendicano l’assegnazione dei fondi fas già deliberati e maggiori investimenti sul fronte delle infrastrutture in particore sui trasporti anche per favorire l’occupazione. Anche perché, se a livello regionale chi c’era precedentemente ha speso poco e male, non meglio si è comportata l’am-ministrazione centrale, ovvero lo Stato, attraverso i suoi ministeri o le grandi aziende che ancora gravitano sotto l’ombrello pubblico. Tranne l’Anas, che nel 2007 ha erogato investimenti per il 51,5%, «le altre grandi aziende ? ha confermato Scopelliti ? hanno visto il loro impegno molto al di sotto del 40% dovuto: le Ferrovie dello Stato si sono fermate (sempre nel 2007) al 21%, l’Enel al 27,6% e l’Eni al 36,3% e ciò dimostra che la stagione del federalismo è sempre più complessa se il Sud non si avvicinerà al resto del Paese».
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