I “premi” a pioggia, illegittimi, concessi da Regioni ed enti locali ai propri dipendenti dal 2013 in poi devono essere restituiti dai diretti interessati, perché la “sanatoria” parziale scritta dal Governo nel decreto salva-Roma ter, e applicabile solo quando l’amministrazione è in regola con il Patto di stabilità e i vincoli di spesa, non va oltre il 2012.
A riaprire uno dei problemi più spinosi per i dipendenti di Regioni, Province e Comuni è la Corte dei conti della Lombardia (delibera 224/2015), che all’interno dei controlli di routine sui bilanci del Comune di Milano alza il tiro sui contratti decentrati e lancia una nuova bordata che va ben oltre Palazzo Marino: i soldi fuori regola finiti nelle buste paga dei dipendenti dal 2013 in poi devono essere richiesti agli stessi dipendenti che li hanno ricevuti, e non basta il recupero complessivo (che il Comune ha già effettuato) tramite tagli sui fondi degli anni successivi. L’impatto dipende naturalmente dalla situazione individuale, ma i calcoli effettuati qua e là hanno portato nei casi più gravi a ipotizzare recuperi a rate mensili da 3-500 euro anche a carico di buste paga da 1.400-1.700 euro al mese.
A Milano, tutto sommato, il problema può essere dirompente per i singoli dipendenti ma non è enorme a livello complessivo, perché in gioco ci sono circa 11 milioni di euro. Il fatto, però, è che gli ispettori della Ragioneria generale e i magistrati della Corte dei conti hanno incontrato integrativi fuori regola quasi ovunque, e le stime più ottimiste parlano di almeno 1 miliardo di euro riconosciuto ai dipendenti violando questa o quella regola.
La stima è ottimista, in assenza di un censimento ufficiale, perché solo al Comune di Roma la Ragioneria ha contestato 525 milioni di euro finiti negli stipendi fra 2008 e 2013 (ai 315 milioni di troppo rilanciati nelle scorse settimane si aggiungono circa 200 milioni che sono illegittimi perché sono stati distribuiti in violazione dei contratti), a Napoli le obiezioni degli ispettori hanno riguardato più di 180 milioni, a Firenze 56 milioni, e poi ci sono i casi di Vicenza, Siena, Palermo, Reggio Calabria e i tanti Comuni non capoluogo.
Nella lista non mancano poi le Regioni, che hanno bilanci più grandi ma una struttura di personale diversa, e quindi si sono viste in genere contestare cifre più leggere: gli ispettori dell’Economia, comunque, hanno storto il naso in Liguria, Marche, Lazio, Molise, Calabria.
Sono state proprio le visite condotte in questi anni dagli ispettori di Via XX Settembre a sollevare il coperchio su una prassi diffusa a macchia d’olio, e mantenuta in questi anni di blocco contrattuale anche per evitare di far salire troppo la temperatura dei rapporti con il personale alle prese con buste paga «congelate». Il moltiplicarsi dei casi, e soprattutto l’emergere della maxi-contestazione romana, avevano spinto il Governo a scrivere una sanatoria per aggirare il problema più spinoso, quello della restituzione da parte dei singoli dipendenti, sostituendolo con i recuperi complessivi a carico dei fondi degli anni successivi. Polemica politica e difficoltà tecniche, però, hanno partorito una norma (l’articolo 4 del Dl 16/2014) ai limiti dell’incomprensibile; al punto che ben tre ministeri (Economia, Funzione pubblica e Affari regionali) avevano promesso in una circolare congiunta nel maggio 2014 di emanare «norme» e «direttive» (all’Aran) per sciogliere «la particolare complessità» delle nuove regole: i tavoli tecnici si sono insediati in fretta, ma di «norme» e «direttive» condivise non si è vista nemmeno l’ombra, e la «particolare complessità» è rimasta tale.
Arriva qui l’intervento della Corte dei conti, che scioglie così il nodo: i recuperi compensativi possono bloccare le restituzioni individuali solo fino al 2012, ma per gli anni successivi il conto va chiesto ai singoli dipendenti anche se le indennità nascono da contratti integrativi siglati prima.
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