Gli enti locali protestano ma a tagliare sono i ministeri Ecco tutti i conti del 2011

Conti pubblici – L’inchiesta

Corriere della Sera
7 Luglio 2010
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ROMA – Tagli più equilibrati? Non ditelo a Ignazio La Russa. Né a Roberto Maroni, Franco Frattini, Maria Stella Gelmini, Altero Matteoli, Angelino Alfano o a Stefania Prestigiacomo. Non provate neanche a parlarne con i funzionari del ministero dello Sviluppo. Né, tanto meno, con il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Per sindaci, presidenti di provincia e soprattutto i governatori la manovra del 2011 è troppo dura: vorrebbero ripartire meglio i sacrifici, facendo pagare di più i ministeri. «Ma non si rendono conto – scatta il sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto – che qui non c’è più niente, ma proprio più niente, da tagliare». Finanziaria dopo Finanziaria, decreto dopo decreto, il bilancio della Difesa è ormai ridotto all’osso. Solo la spesa per i consumi intermedi, cioè quella per l’addestramento, le manutenzioni, le scorte, è piombata dai 3,9 miliardi del 2003 agli 1,3 miliardi di quest’anno. «E l’anno prossimo arriviamo a 900 milioni di euro» aggiunge Crosetto. La Difesa è quella che ha pagato più di tutti, ma anche sulla Giustizia, gli Interni, gli Esteri, l’Ambiente, lo Sviluppo economico, in questi ultimi anni l’accetta è andata giù pesante. Fatto sta che, sempre parlando solo della spesa per i consumi intermedi, quella a carico dei ministeri si è quasi dimezzata. Da un picco di 11,3 miliardi nel 2005 si arriva ai 6,4 del 2011. Certo, se si considera unicamente l’impatto del decreto in questi giorni all’esame del Parlamento, il conto per il 2011 a carico di Comuni, Province e Regioni è molto più pesante rispetto a quello dell’amministrazione centrale. La sforbiciata sulle autonomie locali vale 6,3 miliardi, contro i 2,4 a carico dei ministeri, una cifra che in realtà sarebbe pure un po’ più bassa perché una parte di questi soldi viene dirottata sul Fondo per lo sviluppo di Palazzo Chigi. Le cose, però, cambiano radicalmente se ci si mette a ragionare «a legislazione vigente». Tenendo conto dei tagli già decisi in passato, che comunque fanno male tanto quelli di oggi, la situazione si ribalta. Nel 2011 il vero taglio della spesa a disposizione dei ministeri sarà di ben 18 miliardi di euro. I 2,4 del nuovo decreto, più i 15,6 decisi con la Legge Finanziaria varata nel 2008 per il triennio 2009-2011. Il famigerato decreto 112, un vero e proprio salasso per i ministri, ai quali ha già sfilato via dal portafoglio quasi 9 miliardi nel 2009 e altrettanti quest’anno. Tanto per dare un’idea degli effetti della Finanziaria di due anni fa, basterà dire che ha ridotto la cassa della Difesa di 961 milioni, quelle dell’In-terno e dell’Istruzione di quasi 700, e quella del ministero dello Sviluppo economico di be 2,8 miliardi, riducendone il budget da 12,5 a 9,6 miliardi di euro. Anche sulle Regioni e soprattutto sui Comuni e le Province pesano le misure decise nel passato, ma per gli strani giochi delle complicatissime leggi di contabilità pubblica, fanno un po’ meno male che ai ministeri. Le Regioni, che finora sono state le meno tartassate, hanno il tetto di spesa fissato dal Patto di stabilità. Esaurite le disponibilità previste, le erogazioni si fermano. Poi lo Stato può anche tagliare i trasferimenti, un’operazione che può servire a ridurre il fabbisogno, cioè Bot e Btp da emettere, ma il livello della spesa possibile per le Regioni resta quello indicato dal Patto. Sia come sia, per usare gli stessi criteri, si possono anche sommare gli effetti delle vecchie finanziarie e dei vincoli imposti dal Patto di stabilità (9,2 miliardi) a quelli del nuovo decreto: il sacrificio chiesto a Regioni, Comuni e Province non arriverà mai a pareggiare quello imposto ai ministeri. A conti fatti, per il 2011, le autonomie locali dovranno ottenere un risparmio di 15,5 miliardi di euro, quasi un terzo dei quali «virtuali», contro i 18 «reali» dei ministeri. Che già in questo 2010 devono dimagrire di 8,5 miliardi di euro, quasi il doppio di quello che è richiesto alle autonomie locali. E non è, poi, che le grandezze cui si applicano le riduzioni di spesa siano poi tanto diverse tra i vari livelli di governo. Secondo i conti economici delle amministrazioni pubbliche elaborati a giugno dall’Istat, i Comuni, nel 2009, hanno speso 68,6 miliardi di euro, le Province 12,8 e le Regioni 171,9. La spesa delle amministrazioni centrali dello Stato, sempre nel 2009, è ammontata a 467,1 miliardi di euro. Sottraendo i trasferimenti agli enti pubblici, che lavorano per tutti, i due bilanci quasi si equivalgono. Le amministrazioni locali hanno speso 254 miliardi, quelle centrali 272,4. Lo Stato centrale, però, spende molti più soldi per gli interessi passivi: togliendo anche questi il portafoglio delle autonomie locali diventa più grande di quello del governo, 249 miliardi contro 205. E ci si può fermare qui, anche se il ministro dell’Economia sostiene che la spesa veramente manovrabile di Regioni ed enti locali sia addirittura il doppio di quella dello Stato centrale: 171 miliardi contro 84.

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