La legge europea 2014 approvata in via definitiva dal Parlamento nei giorni scorsi presenta all’articolo 7 una nuova modifica all’articolo 34 del Dl 179/2012, questa volta al comma 22.
La norma è chiaramente destinata a sanare, almeno nelle intenzioni del legislatore, due procedure di infrazione avviate dall’Unione (la 2012/2050, oggi allo stadio di parere motivato ex articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e la 2011/4003, che vede l’Italia messa in mora complementare sempre in base all’articolo 258).
L’intervento normativo, quindi, nasce da uno stato di necessità, ma può avere effetti negativi sui processi di aggregazione in atto tra società di servizi pubblici quotate ed anche di prospettiva.
In sostanza, mentre si conferma che gli affidamenti diretti ante 1° ottobre 2003 restano in essere fino alla scadenza contrattuale prevista o, se senza termine, al 31 dicembre 2020, diverso è il destino degli affidamenti successivi.
Al contrario, infatti, «gli affidamenti diretti a società poste, successivamente al 1° ottobre 2003, sotto il controllo di società quotate cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, il 31 dicembre 2018 o alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto, se anteriore».
In sostanza, se una società quotata acquista (o incorpora?) una società prima in house non potrà mantenere gli affidamenti in essere se non per una breve fase transitoria.
Questo, in sostanza, non consente più quella che poteva diventare una fin troppo facile elusione: si costituisce una società in house a cui si affida un servizio pubblico locale e poi la si fa confluire in una società quotata.
Discutibile o meno che fosse questa pratica, è chiaro che il nuovo articolo 34, comma 22, del Dl 179/2012, anche se comprensibile alla luce delle procedure di infrazione comunitarie, non potrà non avere ripercussioni sul valore delle società interessate dalla novità normativa in questione, e rappresenterà di conseguenza un freno a questo tipo di aggregazioni.
Non soltanto, ma la nuova regola raffredda anche le speranze di chi vede nella quotazione la strada per accelerare il processo di affrancamento delle società di servizi pubblici da parte degli enti locali controllanti, così come è successo nel caso di quelle aziende che, per prime e nel momento giusto, hanno avviato il processo di quotazione. Eppure si resta convinti che la strada della quotazione, sui mercati regolamentati e anche nell’Aim dedicato alle piccole e medie imprese, rappresenta una prospettiva realistica e interessante, che meriterebbe il favore del legislatore e degli stessi mercati finanziari.
Da questo punto di vista, è chiaro che le modalità di recepimento delle direttive comunitarie sul tema dei soci “finanziari” nelle società in house (il riferimento, in particolare, è all’articolo 12 della direttiva 2014/24/Ue, che viene riproposto all’articolo 28 della nuova direttiva 2014/25/Ue sugli appalti pubblici nei settori speciali, e nell’articolo 17 della nuova direttiva 2014/23/Ue sull’aggiudicazione dei contratti di concessione) sarà cruciale per capire se la strada di una apertura ai mercati finanziari, che sembrava incontrare il favore del Governo nelle bozze dello “Sblocca Italia”, avrà vita facile oppure se sarà limitata alle sole aziende che godono di affidamenti ottenuti con procedura competitiva.
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