Mirino sulle gestioni associate dei comuni. È quanto emerge dalle intenzioni del Ministero dell’Interno in una circolare che sta girando in questi giorni, dove la procedura per controllare le amministrazioni inadempienti prevede prima una diffida e poi, appunto, il commissariamento.
Inadempienti, si intende, rispetto agli obblighi di gestione associata delle funzioni fondamentali nei Comuni fino a 5mila abitanti (3mila negli enti che appartengono a Comunità montane), previsti dal lontano 2010 ma più volte ritoccati e prorogati ed entrati a regime (sulla carta) solo il 1° gennaio 2015.
Obblighi: quali sono e perché non vengono applicati
Prefetti, rappresentanti del Governo nelle Regioni a Statuto speciale e presidente della Valle d’Aosta. Sono i destinatari della circolare del Ministero dell’Interno sulle gestioni associate del 12 gennaio scorso. I circa 6 mila comuni interessati entro il 1° gennaio 2015 avrebbero dovuto unirsi fra loro per svolgere praticamente tutte le attività di riferimento e cioè:
- gestione del bilancio
- organizzazione dei servizi pubblici
- Catasto
- servizi sociali
- pianificazione urbanistica
- edilizia scolastica
- protezione civile
- polizia locale.
Restano esclusi quindi solo anagrafe e stato civile, da un pacchetto di consegne che dovrebbe essere affidato a Unioni che raggruppino almeno tre Comuni e 10mila abitanti (a meno che la Regione indichi un limite diverso, ma quasi nessuno l’ha fatto), oppure a convenzioni di durata almeno triennale.
E allora perché i comuni non svolgono come da consegna le gestioni associate? Problemi applicativi e organizzativi alla base delle inadempienze. È chiaro che il Viminale non può permettersi che uno dei paletti della Riforma PA di matrice montiana non venga applicato, visto che su questo si fondava una delle principali fonti di risparmio.
Controlli: cosa cambia
Quel che cambia è che ora i controlli sulle gestioni associate sono obbligatori. La formula viene usata nelle leggi per rafforzare i tagli ed evitare che cadano nella piena autonomia degli enti territoriali (il coordinamento della finanza pubblica è funzione fondamentale dello Stato secondo l’articolo 117 della Costituzione).
Le stesse spending review che si sono succedute sul tema hanno quindi previsto il “potere sostitutivo” dello Stato nei confronti delle amministrazioni locali, disciplinato dall’articolo 8 della legge 131/2003. Di qui il doppio passaggio indicato dal Viminale, che chiede prima la diffida e poi l’eventuale commissariamento per chi non si adegua.
Tutto risolto? Non proprio
Ci sono problemi sia di carattere organizzativo (ad esempio le centrali di committenza per i comuni non capoluogo) sia di carattere opportunistico, difficilissimi da controllare. Oltre all’Unione, infatti, i Comuni possono scegliere la via più flessibile della convenzione, che non ha limiti demografici minimi da rispettare (l’unico vincolo è la durata almeno triennale) e soprattutto può essere a geometria variabile. Per fare un esempio: il Comune A può convenzionarsi con il Comune B per la gestione di una funzione e con il Comune C per lo svolgimento di un’altra funzione, creando un reticolo di alleanze che nessuna Prefettura potrà verificare davvero.
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