ROMA – Per i geometri il cemento armato resta “bandito”. La Corte di cassazione non ha dubbi in proposito e, pur pronunciandosi su una vicenda risalente al 1992, ribadisce la netta demarcazione tra le competenze degli ingegneri e quelle dei geometri. Scrivono i giudici della seconda sezione civile, nella sentenza 6402 depositata ieri, basandosi sul quadro normativo di riferimento per le professioni tecniche (il r.d. 274 del 1929 e il r.d. 2229 del 1939): «La competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l’adozione anche parziale di strutture di cemento armato». L’intervento dei geometri, quando è necessario utilizzare il cemento armato, è possibile, in via eccezionale, solo quando si tratta di «piccole costruzioni accessorie nell’ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone». Nel caso sottoposto alla Cassazione, il progetto riguardava un edificio industriale, composto da un capannone prefabbricato con un solo piano nella parte destinata a laboratorio e due piani nella parte destinata agli uffici. Dunque, una «struttura architettonica complessa» per la quale non può riconoscersi un ruolo di progettazione, direzione e vigilanza a un geometra. Neppure se interviene insieme al geometra un altro professionista – un ingegnere – che rediga insieme al primo il progetto ed effettui la direzione dei lavori. «È il caso di ricordare – precisa, infatti, la Cassazione – che nell’ambito della disciplina normativa, dalla quale emerge una chiara ripartizione di competenze tra geometri e altri professionisti in riferimento alla progettazione e alla direzione di opere relative a costruzioni ed edifici, trova fondamento l’orientamento giurisprudenziale di questa corte, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, secondo cui la progettazione e la direzione di opera da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri e degli architetti sono illegittime, cosicchè a rendere legittimo un progetto redatto da un geometra non rileva che esso sia stato controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e diriga le relative opere, perchè è il professionista competente che deve essere, altresì, titolare della progettazione, trattandosi di incombenze che devono essere inderogabilmente affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità». In definitiva per la Cassazione (che ha confermato la sentenza d’appello) quando l’esercizio di un’attività professionale è condizionato all’iscrizione in un albo, la prestazione eseguita da chi non è iscritto, «dando luogo a nullità assoluta del rapporto fra professionista e cliente, rilevabile anche d’ufficio», priva il contratto di qualsiasi effetto. Per cui l’eventuale compenso va restituito.
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