Riflettere ed interrogarsi sulla situazione attuale e sul possibile sviluppo delle fusioni dei comuni è ciò che ha condotto questa mattina rappresentanti delle istituzioni centrali dello Stato e degli enti locali a confrontarsi in una giornata di approfondimento organizzata al Viminale dal Ministero dell’interno. All’incontro, diviso in due sessioni, hanno partecipato il Ministro dell’interno Angelino Alfano, il sottosegretario all’Interno Gianpiero Bocci, agli Affari Regionali e alle Autonomie Gianclaudio Bressa, all’Economia e Finanze Paolo Baretta, il vice direttore di ANCI Roberto Pella, il direttore della direzione centrale della Finanza Locale del Ministero dell’interno Giancarlo Verde, rappresentanti dell’ANCI e numerosi sindaci. Gli interventi sono stati moderati da Giancarla Rondinelli giornalista politica di ‘Porta a Porta’ di Rai Uno.
Il Ministro Angelino Alfano ha sottolineato la centralità per il Ministero dell’Interno del tema dei rapporti con gli enti locali, ancor più oggi che con diverse riforme vengono a modificarsi ‘ontologicamente’ il rapporto tra i soggetti che compongono l’architettura costituzionale dello Stato.
Il tema delle fusioni, ha sintetizzato il Ministro «racchiude in sè quelli della mancanza di risorse pubbliche, del servizio al cittadino e dell’identità territoriale. La sfida è quella dunque di tenere insieme questi aspetti: o la fusione produce maggiore efficienza della spesa preservando gli aspetti chiave della diminuzione dei costi, la conservazione dei servizi, e il mantenimento dell’identità territoriale dei cittadini oppure sarà da loro percepita come ostile», ha spiegato.
La giornata ha preso il via con l’intervento del sottosegretario Gianpiero Bocci che ha rilevato come il fenomeno delle fusioni abbia già registrato 41 nuove realtà, con una evidente accelerazione nel 2014. «Le fusioni, insieme a quello delle città metropolitane, rappresentano un percorso di grande innovazione costituzionale – ha detto – che ponendo al centro le decisioni dei cittadini ne rivela il carattere pienamente democratico».
«Uno degli obiettivi dell’incontro – ha detto Bocci – è quello di passare da una fase ‘sottotraccia’ a una fase di ‘evidenza pubblica’ per una tematica, che non rappresenta un’operazione di spending review ma una scelta politica, culturale, che spinge ad una modernizzazione ed innovazione del sistema Paese». Bocci ha auspicato che sul tema possa emergere una piena coscienza critica, necessaria a coinvolgere tutto il Paese nel sostenere quello che al momento sembra un fatto riguardante sole regioni del nord, che su questo tema hanno investito molto.
«Per questo, ha proseguito – l’incentivo alla realizzazione delle fusioni deve restare il processo democratico che parte dal basso, con un effetto ‘contaminazione’ sui territori che crei, a sua volta, un effetto moltiplicatore. Bocci ha annunciato due iniziative a breve: la prima prevede la creazione di una parte dedicata alle fusioni sul sito internet dell’amministrazione, la seconda un tavolo permanente per la crescita del sistema che affronti le questioni ancora ‘aperte’ dalle penalizzazioni agli incentivi alle fusioni».
Sugli aspetti economico-finanziari si è concentrata l’analisi di Giancarlo Verde che ha presentato uno studio sui possibili risparmi derivanti da una teorica fusione di comuni di minore dimensioni demografiche. Il percorso che porta alla fusione è stimato tra i 5 e 10 anni ma può essere stimolato dal conseguimento di risparmi di spesa per l’ente e tributari per i cittadini, che in un’ottica di lungo periodo possono essere notevoli, anche sotto il profilo della spesa per il personale dato che si stima – per i piccoli comuni – una maggiorazione di costi tra il 10 e il 15 % sotto questa voce. «Lo studio vuole sottolineare – ha detto Verde – che senza ridurre i servizi si possono realizzare risparmi».
Roberto Pella ha esortato i sindaci a non avere paura dei cambiamenti considerando questo processo una sfida al futuro ma ha al contempo chiesto una maggiore flessibilità e autonomia nelle fusioni . «Questi processi sono stati a volte rifiutati dai cittadini . Bisogna dunque procede – secondo Pella – sensibilizzandoli, in particolare nelle regioni del centro-sud, e facendoli cogliere come un grande opportunità, piuttosto che una costrizione. Si può procedere senza ‘fusioni a freddo’ ma con un percorso maturo che passi dapprima per le gestioni associate».
Il sottosegretario Gianclaudio Bressa ha esortato le regioni ad agire, avendo la piena autonomia legislativa per farlo. «Solo la Lombardia, l’Emilia Romagna e la Toscana – ha rilevato Bressa – lo hanno fatto, e non c’è da parte dello Stato centrale la possibilità di surrogare le regioni. Oggi possiamo parlare di un processo che fino a pochi anni fa era impossibile, nonostante la legge che per prima ha avuto la capacità di immaginare le fusioni, passando per la propedeuticità delle unioni, risalga a 25 anni fa. Adesso però – ha continuato – bisogna fare il contrario di ciò che fu fatto per incentivare le unioni, per le quali si è intervenuto solo sul lato dei risparmi e con un principio sanzionatorio e d’autorità. Bisogna anche sorpassare – ha auspicato Bressa – il principio dell’uniformità amministrativa e ragionare invece in termini di efficacia amministrativa. Dobbiamo semplificare drasticamente la normativa – ha continuato – e procedere con incentivazioni chiare e concrete con la possibilità, ad esempio di accedere ai finanziamenti europei. La fusione insomma deve essere desiderabile per i sindaci, e noi, come Governo fare un’assistenza al processo».
Il sottosegretario all’Economia e Finanze Pierpaolo Baretta ha sottolineato la centralità delle incentivazioni che, abbandonando un approccio generico, devono essere agganciate a politiche di sviluppo economico. Baretta ha invitato a cogliere l’occasione nel favorire questo strumento in una fase, quella attuale, in cui si inaugurano nuove contabilità per gli enti locali, «pensando anche alla possibilità – da parte del nuovo soggetto derivante dalla fusione – di poter gestire maggiore funzioni. L’esperienza di questi mesi – ha detto – ci indicano che il Governo deve fare il punto sulla propria strategia nei rapporti tra centro e periferia e pensare ad una solida politica di incentivi».
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