Come spiega Gianni Trovati in un recente articolo de Il Sole 24 Ore, la situazione di difficoltà nel capoluogo campano si protrae ormai da quasi 30 anni, ben prima che si verificasse l’intervento della Corte. Nel 2012 fu concordata una situazione di pre-dissesto, decisa dall’esecutivo guidato da Mario Monti per allontanare la prospettiva, all’epoca terribilmente reale, di un fallimento a catena di tutti gli enti nel Mezzogiorno. Le condizioni così stabilite contemplavano un prestito di 220 milioni da restituire in 10 anni; la situazione complessiva sarebbe stata risanata mediante la vendita del patrimonio, il taglio delle spese e aumentando complessivamente le entrate. Tuttavia, il piano si è rivelato una semi fallimento: dalla cessione degli immobili sono stati ricavati pochi milioni, mentre gli introiti che avrebbero dovuto assicurare la tassazione si sono rivelati parimenti insufficienti. Di fronte a questa situazione tragica, la Corte dei conti non ha potuto fare altro che imporre al Comune di dichiarare ufficialmente il default: conclusione evitata da una disposizione del Decreto Semplificazioni che ha legato le mani alla magistratura contabile fino a fine giugno. Molti fuggono dalla nave che affonda, mentre nessuno sembra intenzionato ad assumerne il comando.
Finanza locale, Comuni in predissesto: un caso concreto
Secondo la magistratura contabile, il buco nei conti del Comune di Napoli ammonterebbe ad 1 miliardo e mezzo di euro
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