Offuscato dall’era dei governi tecnici e dell’emergenza sui conti, scomparso nella foresta delle lungaggini burocratiche, dato ormai per morto dopo la mancata attuazione dei decreti attuativi… Il filo sottile che teneva a galla l’applicazione del federalismo fiscale, però, non è mai sfuggito alle mani tenaci dei sindaci, che oggi vedono i primi spiragli, nella ripresa di un percorso che dovrà concludersi con l’autonomia finanziaria dei comuni sancita dalla Costituzione. Così si legge sul sito dell’Anci, a proposito della conferenza stampa di ieri di presentazione e rilancio del federalismo demaniale, frutto di nuove e semplificate procedure articolate dal “decreto del fare”.
Nella sede dell’Anci, che con la Fondazione Patrimonio Comune ha contribuito alla stesura del provvedimento, ci sono anche il Ministro per gli affari regionali Graziano Delrio e il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta.
Sono proprio gli esponenti del Governo a rimettere in fila il lavoro congiunto per ridare slancio alla riforma federalista: “Facciamo ripartire il federalismo – spiega Delrio – con le nuove misure per l’alienazione dei beni dello Stato, ma anche con l’applicazione dei costi standard e delle regioni benchmark sul fronte della sanità e con il lavoro che faremo insieme ai comuni su service tax e Patto di stabilità. Era uno degli impegni di questo governo: trovare soluzioni per il Paese attraverso il dialogo con le Autonomie”.
E Baretta pone l’egida del Tesoro: “Siamo impegnati in un percorso che porti a un quadro nuovo nel rapporto tra Stato ed enti locali. Vogliamo che i comuni abbiano una possibilità di recupero rispetto alla fatiche alle quali le necessarie politiche finanziarie degli ultimi anni li hanno sottoposti. Per questo, a partire dalla legge di stabilità, condivideremo la definizione della service tax, le modifiche al Patto di stabilità e la ripresa dei costi e dei fabbisogni standard. Serve un segnale di svolta, perché il rapporto con gli enti locali è fondamentale per l’accelerazione dello sviluppo”.
È con maggiore forza, dunque, che il presidente dell’Anci Piero Fassino può dichiarare: “Noi consideriamo definitivamente chiusa la stagione che in 12 anni ha visto una generale ricentralizzazione delle prerogative degli enti locali e una continua politica di tagli lineari. Chiediamo che si apra una stagione nuova, fondata sul riconoscimento dell’autonomia degli enti locali. Il provvedimento sul federalismo demaniale – conclude – è un buon passo in questa direzione”.
Sei mesi per ricevere e valorizzare un bene inutilizzato dello Stato. Procedure “svizzere”, sistemi telematici semplici e veloci per la richiesta, abolite le white list e le black list: il federalismo demaniale rinasce infatti con il “decreto del fare”, e grazie alla collaborazione tra Governo, Anci e Agenzia del demanio.
A soli 15 giorni dalla pubblicazione della legge in Gazzetta Ufficiale, già 22 domande di alienazione sono arrivate al Demanio, e cinque di queste sono in fase avanzata di elaborazione. Una misura che può valere 2,5 miliardi (a cui si aggiunge il valore dei beni del Ministero della difesa) solo nella fase di alienazione, e che è stata illustrata ieri in conferenza stampa dal Presidente dell’Anci Piero Fassino, insieme con il Ministro degli affari regionali Graziano Delrio, il Sottosegretario all’economia, Pier Paolo Baretta e il direttore dell’Agenzia del demanio, Stefano Scalera.
Il decreto, spiega subito Fassino, “rimette in moto le procedure di dismissione dei beni dello Stato, dando la precedenza ai comuni per la loro alienazione: un punto fondamentale della riforma federalista, che aveva subito un brusco arresto”. Lo fa grazie a una serie di sostanziali cambiamenti nelle procedure di alienazione, frutto dell’interlocuzione fra Anci, Governo e Demanio, come spiega Scalera: “La procedura sarà completamente telematica, e le domande saranno analizzate singolarmente,. Il Demanio, entro 30 giorni, dovrà semplicemente verificare se il bene richiesto sia effettivamente in disuso e appartenga allo Stato: in caso di esito positivo, partirà la procedura”. Niente decreti di Palazzo Chigi, né obbligo per gli enti richiedenti di presentare un progetto dettagliato di valorizzazione con relativi costi, come invece era previsto precedentemente. Stesso discorso (e stessi tempi) per i beni del Ministero della difesa, su tutti le caserme. E inoltre, per i comuni che lo richiedono, un pronto supporto tecnico di Agenzia del demanio e Fondazione Anci Patrimonio Comune sulle possibilità di valorizzazione dei singoli beni.
“Il provvedimento – spiega Delrio – prevede una procedure efficiente, di tipo svizzero. Siamo soddisfatti di aver messo a punto, grazie all’interlocuzione con l’Anci e con il Demanio, una soluzione che renderà il federalismo demaniale una realtà, dopo tanti annunci. È un percorso importante, che cambierà in maniera decisiva la vita delle nostre città, contribuendo al contempo al risanamento dei conti pubblici”. Il 25% del ricavato dalla valorizzazione dei beni, infatti, confluirà in un fondo per la riduzione del debito. La legge prevede anche che a quel Fondo sia destinato il 10% dei ricavi della valorizzazione dei beni già di proprietà dei comuni anche se, annuncia Fassino, “in questo caso chiederemo che queste risorse siano destinate all’abbattimento del debito del comparto, e non in generale alle casse dello Stato”.
Resta invece un provvedimento che “rappresenta un primo passo – dice ancora Fassino – nella direzione di un nuovo rapporto tra Stato centrale ed enti locali che da tempo auspichiamo. Inoltre – prosegue il Presidente – vengono realizzate una serie di importanti innovazioni: si valorizzano beni inerti, si contribuisce in modo determinante alla riqualificazione dei centri cittadini, dove sono ubicati la maggior parte dei beni inutilizzati a partire dalle caserme, si introducono norme fortemente semplificate, che rappresentano un buon esempio per una generale semplificazione nella pubblica amministrazione, e si concorre alla riduzione del debito pubblico”.
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