“I comuni sono gli enti più interessati ad arrestare la corruzione ed è nostro interesse mettere in campo certezza del diritto, misure e strumenti che consentano di contrastarla. Come Anci appoggiamo l’azione condotta dall’Anac e riteniamo che tre anni di normativa anticorruzione abbiano rafforzato sensibilità ed efficacia di azione su questi temi. Tuttavia, in base all’esperienza accumulata, crediamo che si debba intervenire su tre aspetti per facilitare e quindi rafforzare l’applicazione delle norme: l’ipertrofia normativa, la semplificazione delle procedure tenendo conto della distribuzione demografica dei Comuni italiani, le norme sull’incompatibilità e sul conferimento degli incarichi”. Lo ha detto il presidente dell’Anci Piero Fassino, che ieri mattina ha partecipato alla giornata nazionale di incontro con i Responsabili di prevenzione della corruzione, promossa dall’Autorità Nazionale Anti Corruzione (Anac) ed ospitata presso il centro convegni della Banca d’Italia.
Fassino, dando seguito alle sollecitazioni arrivate dal dibattito, cui hanno preso parte il direttore di Bankitalia Ignazio Visco e il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, ha ribadito come i comuni sono i primi interessati ad una lotta senza quartiere alla corruzione, “rafforzando la linea di collaborazione avviata con l’Autorità anti corruzione e sfociata nella costituzione di un apposito gruppo di studio per rendere migliore l’applicazione delle norme”.
Per questo motivo secondo il presidente Anci bisogna evitare innanzitutto il rischio ‘ipertrofia normativa’: “ogni amministratore pubblico vive in una giungla normativa che, da un lato, offre spesso degli spazi in cui può annidarsi la corruzione; e dall’altro – argomenta Fassino – rende particolarmente complessa l’attività della p.a. di tutelarsi contro le diverse interpretazioni delle leggi”. In questo senso il sindaco di Torino auspica “un rovesciamento culturale che persegui altri strumenti normativi più flessibili, un’ottica che spero governo e Parlamento recepiscano nella legge di riforma della p.a.”.
Vi è poi il tema, centrale nella visione dell’Anci, della semplificazione delle norme per i piccoli Comuni. “Bisogna ricordare che due terzi dei comuni italiani sono di media e piccole dimensioni. Un’amministrazione di mille abitanti, che magari ha solo sei dipendenti per tutte le mansioni, non può avere – sottolinea Fassino – la stessa capacità amministrativa delle grandi città”. Da qui la necessità di “semplificare strumenti e modalità di adempimento per mettere tutti i comuni in condizione di seguire le previsioni”, magari mettendo in campo “forme di assistenza verso i centri minori, come stiamo facendo a Torino con la struttura della città metropolitana”.
Infine, il presidente Anci ha segnalato la necessità di riconsiderare l’intero quadro delle norme sulla incompatibilità e conferimento degli incarichi. “Vi sono regole giuste che condividiamo in pieno come quella del periodo di vacanza obbligatorio tra un incarico e l’altro. Ma altre sono prive di senso”, ha puntualizzato Fassino riferendosi all’impossibilità di usare dipendenti ‘freschi’ di pensionamento. “Si stabilisca che queste collaborazioni sono a titolo gratuito, si eviterà il rischio di conflitti senza perdere esperienze e competenze preziose acquisite sul campo”.
Sullo sfondo resta il capitolo della criminalità organizzata e della sicurezza degli amministratori, sempre più esposti a minacce in ogni parte del Paese, e non solo nelle regioni meridionali. “È un tema che vede l’Anci particolarmente sensibile”, ha rimarcato Fassino ricordando l’azione sviluppata in questi anni, dagli impegni della Carta di Lamezia, alla iniziativa ‘100 Comuni contro le mafie’, alla promozione dell’Agenda giovani 2020. “La tutela della sicurezza degli amministratori locali è condizione imprescindibile per consentire loro di resistere alle pressioni corruttive e, di conseguenza, – ha concluso Fassino – di applicare al meglio gli strumenti elaborati per evitare il suo diffondersi nella p.a.”.
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