In Germania non ci sono abituati, al gran caldo. Ma lo ripetono ogni anno. Questo luglio, però, segna un record. Mai il termometro così in alto: 39 gradi a Berlino, percepiti 41°. La gente sviene per strada. I treni superveloci si fermano: su un Ice, la Freccia rossa teutonica, è andata in tilt l’aria condizionata, una dozzina di ragazzi in gita scolastica è finita all’ospedale. Ora, l’associazione consumatori fa causa alla Deutsche Bahn, le ferrovie tedesche. Magari vincono. Mi sembra di essere circondato da reduci dell’Africa Korps, quella di Rommel, che affrontò i panzer di Montgomery a El Alamein. Appena il termometro sale, i berlinesi sfoggiano calzoncini corti e sandali, completati dai tradizionali calzini. Salgono così conciati sull’autobus, si aggirano sudati per il centro, si stravaccano nei caffè all’aperto per ordinare un cappuccino frappé e sentirsi in Riviera. Appaiono a ginocchia nude anche in ufficio. Quando decidono di andarci. Tutto regolare. Per legge, in Germania, quando il termometro sale oltre i 28 gradi si possono chiudere le scuole e sospendere il lavoro. Medici e sindacati sostengono che con queste temperature non è possibile garantire un rendimento sufficiente e si mette a rischio la salute, specie dei piccoli. I professori sono d’accordo. Quanto all’aria condizionata, non è che sia frequente nel cuore della Prussia. Dovremmo imparare a vivere dagli italiani, esorta la popolare Bild Zeitung, e concederci un meritato riposino pomeridiano. Sui giornali appaiono dotti articoli sui benefici effetti della dieta mediterranea e della siesta. È necessario sentirsi a posto con la coscienza di lavoratori teutonici: mezz’ora di pennichella aumenterebbe il rendimento del 30%. La mia impressione è che la maggioranza sia troppo coscienziosa e cerchi un incremento della produttività almeno del 100%. Un sonnellino pomeridiano di almeno un paio d’ore. Un eccesso di energia da smaltire quando tornerà a far fresco, naturalmente. Quando i miei amici tedeschi ironizzano su noi latini, sempre inclini a pause e pisolini, li blocco: sapete qual è l’origine del termine pennichella? Viene dal tedesco zu pennen, dormicchiare, poltrire, per l’appunto. E c’è una spiegazione storica. Lanzichenecchi e altri mercenari scesi dalle brume nella nostra penisola, in cerca di ingaggi e di saccheggi, scoprivano il vino, Chianti, Barolo, Verdicchio o Sangiovese, bevevano e si abbioccavano, storditi anche dal caldo. Ma cosa fate? Si sdegnavano i loro datori di lavoro. Pennen, rispondevano i soldati di ventura. Esportarono il mestiere delle armi e il termine pennichella. Loro, i miei amici berlinesi, ci credono sempre. Non sono certo di avere ragione. Non sono uno del mestiere, e l’etimologia è una scienza piena di trappole. Ma basta affermare qualcosa con sicurezza per essere creduti.
Fa troppo caldo e i tedeschi scoprono la pennichella
Quando il termometro supera i 28° si possono chiudere scuole e uffici
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