Extracosti per fisco, edilizia e ambiente

Semplificazioni. Servirebbe una stretta collaborazione tra Stato, Regioni ed enti locali per dare piena attuazione alle riforme

Il Sole 24 Ore
10 Settembre 2013
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Disboscare la giungla burocratica di un Paese che ha adottato in ritardo e senza percorrerlo fino in fondo il sentiero del federalismo può rivelarsi un’impresa titanica. Come si può immaginare che funzioni davvero una semplificazione per l’edilizia (per esempio la scia, super-scia o i permessi di costruire da garantire in tempi certi) quando in venti Regioni esistono modulistiche diverse? Come si fa a far funzionare una conferenza dei servizi, obiettivo perseguito con almeno nove tentativi di riforma della legge 241/1990 fino ad arrivare al “sogno” del 2005 di una gestione telematica di questa procedura, ancora mai testata davvero?

In anni di discussioni tutte incentrate sul superamento dell’attuale Titolo V della Costituzione non ci si è concentrati abbastanza sulla “collaborazione rafforzata” tra Stato, Regioni ed enti locali che sarebbe stato necessario nel frattempo attivare per far arrivare in porto le semplificazioni che gli ultimi governi hanno messo in cantiere. Dieci, quindici procedure-chiave omologate per tutto il territorio nazionale, eccolo un obiettivo concreto e non difficile da raggiungere.

Cantieri di semplificazione in corso in materia ambientale o di regolamentazione sul lavoro dimostrano che, volendo, si può fare. Con risparmi misurati e certi, come i 500 milioni annui che si possono recuperare sui 4,4 miliardi di oneri calcolati (sempre sull’edilizia) nell’ultimo decreto del fare, in Gazzetta ufficiale dal 19 agosto scorso.

Nei prossimi mesi è atteso, per fare un esempio, il regolamento dell’autorizzazione unica ambientale (Aua), una procedura con modulo unico che sostituirà sette vecchie procedure facendo risparmiare alle Pmi fino a 700 milioni l’anno. Le Regioni, che stanno lavorando con l’Unità per le semplificazioni del ministero di Gianpiero D’Alia, possono dimostrare che il meccanismo funziona davvero?

Fuori dalle materie concorrenti, diversi livelli di governo (problema non solo italiano) implicano poi rischi variabili di attuazione di norme sulla carta immediatamente operative come l’indennizzo in caso di ritardo.

Quante amministrazioni individueranno entro l’autunno il responsabile unico del procedimento e lo pubblicheranno sul loro sito web?

Dalla periferia al centro: quando sarà davvero operativa la banca dati del Viminale che sola può far funzionare la norma di semplificazione che prevede l’acquisizione d’ufficio (e non più tramite le Camere di commercio) delle certificazioni antimafia di un’impresa che vuol partecipare a una gara? In questa fase transitoria il meccanismo è garantito dall’invio delle certificazioni dalle Prefetture alle varie stazioni appaltanti che ne fanno richiesta. Ma possono passare anche 2/3 mesi perché l’invio vada a buon fine. Con tutte le ricadute che si possono immaginare sulla filiera produttiva, anche in termini di certezza sui tempi dei pagamenti. E intanto il nuovo Testo unico antimafia ha introdotto nuove verifiche a carico delle imprese, per esempio sui familiari dei titolari, con il risultato che una complicazione in più arriva prima che la semplificazione perseguita arrivi davvero a regime. Le imprese chiedono di superare pragmaticamente questo “collo di bottiglia”, incomprensibile in particolare per le società multinazionali. E non è escluso che se ne parli al momento della stesura del Dl “fare 2” o nella discussione del Ddl di semplificazioni appena incardinato al Senato. Un testo, quest’ultimo, che contiene anche un importante capitolo in materia di bonifiche ambientali, uscito dall’ultimo decreto. Semplificazioni ritagliate nel pieno rispetto degli standard comunitari e che, secondo stime di Confindustria, potrebbero liberare risorse per circa di 5/6 miliardi di euro per investimenti nei prossimi 4 anni.

Un capitolo a sé meriterebbe quella “giungla nella giungla” rappresentato dalla normativa fiscale. Quella che imprese e cittadini percepiscono come la più pesante, non solo in termini di prelievo ma, soprattutto, di difficoltà applicativa. Un esempio recentissimo? La responsabilità fiscale solidale. In fase di conversione del Dl “fare” il Parlamento ha lasciato la cancellazione della responsabilità solidale in materia di versamenti Iva mentre resta sul fronte delle ritenute dei sostituti d’imposta. Una complicazione che pesa sul settore degli appalti, come hanno dimostrati tutte le organizzazioni datoriale e come lo stesso Governo aveva riconosciuto.

In attesa delle “grandi riforme” una pratica di effettiva collaborazione tra diversi livelli di governo può garantire obiettivi concretissimi, come risparmi fino a 9 miliardi annui sui 31 di oneri amministrativi misurati sulle procedure più pesanti; ben oltre quel taglio del 25% degli oneri amministrativi chiesto dall’Ue. Ma bisogna lavorarci a fondo e fino in fondo.

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