Va anche osservato che negli ultimi tempi non sono mancati gli strumenti di intervento tesi a ridimensionare la precarizzazione del lavoro e a dare risposta a coloro che sono in cerca di occupazione. Il d.lgs. 14.9.2015, n. 150 (Jobs act) ha introdotto il contratto a tutele crescenti, favorito l’alleggerimento della contribuzione, previsto nuove misure per evitare le “dimissioni in bianco”, ecc. Non tutti gli aspetti applicativi sono stati impostati correttamente (1), ma ad ogni modo il tentativo per migliorare la situazione è stato effettuato.
Anche in relazione ai “centri per l’impiego”, un tempo sevizi di competenza delle province, si è intervenuti abbozzando una riforma, ma non siamo ancora di fronte ad un disegno compiuto che sia in grado di favorire effettivamente l’incontro fra la domanda e l’offerta di lavoro. In tali centri, che operavano in una logica strettamente provinciale senza essere supportati da una rete informatizzata nazionale, si interveniva quasi esclusivamente per favorire l’impiego di qualifiche lavoratrici di tipo medio-basso, con tutti i limiti derivanti dal limitato ambito territoriale di riferimento.
Ora, se è positivo il fatto che il Governo, per evitare eccessive frammentazioni e difformità di comportamenti, abbia introdotto una normativa nazionale su una materia di così grande rilevanza, va però osservato che dal momento che sulle politiche attive del lavoro l’ambito di competenza era anche delle regioni, dovrà effettuarsi un adeguato coordinamento affinché rimangano servizi “sul territorio”, operanti però nell’ambito di una più estesa rete nazionale di supporto, che preveda, un po’ come avviene con il registro delle imprese tenuto dalla camere di commercio, un interscambio continuo che consenta di avere sempre a disposizione dati su altre aree geografiche, in modo facile e immediato.
Se ci si ispira a modelli che sono nati in altri Paesi (Paesi nord europei e Gran Bretagna), bisogna però sapere che anche in ambito comunitario sta per essere ridefinito il ruolo di un portale europeo, che ha come obiettivo proprio quello di favorire la mobilità dei lavoratori in Europa.
Com’è noto quella della circolazione dei lavoratori è una delle libertà fondamentali definite nei Trattati europei. Affinché la stessa non sia un mero principio ma trovi esplicazione effettiva il Parlamento europeo e il Consiglio il 13 aprile scorso hanno approvato il testo di un nuovo regolamento relativo ad una rete europea di servizi per l’impiego (denominata EURES), con lo scopo di facilitare l’acquisizione di lavoro, la mobilità dei lavoratori e soprattutto una maggiore integrazione fra i mercati del lavoro dei diversi Paesi (>> il testo del regolamento UE 13.4.2016, n. 589).
Essendo un regolamento, pubblicato nei giorni scorsi sulla gazzetta dell’Unione europea (2), lo stesso è già efficace e non ha necessità di essere recepito nelle legislazioni dei diversi Stati. Alcune considerazioni però vanno effettuate, dal momento che è auspicabile un effettivo coordinamento fra le politiche del lavoro che verranno poste in essere dai ventotto Paesi che compongono l’Unione europea.
Si ha l’impressione infatti che il modello al quale ci si sta ispirando nel nostro Paese per le politiche attive in materia di lavoro sia “nato vecchio” e tenga conto delle esperienze, pur interessanti, nate negli altri Paesi nell’ultimo decennio, ma non sia sufficientemente “indirizzato al futuro”.
Oggi nella pubblica amministrazione italiana, nazionale e locale, esistono anche informatizzazioni avanzate che consentono di reperire, molto velocemente, una serie di elementi informativi che possono risultare utili sia alle imprese (che cercano specifici profili professionali) che a coloro che sono in cerca di lavoro o desiderano cambiarlo. EURES (3), il portale europeo della mobilità professionale, rappresenta una modalità con la quale si metteranno in rete le politiche del lavoro nazionali, i centri per l’impiego pubblici, i servizi per l’impiego offerti dai privati, le offerte di lavoro. Attraverso un’unica piattaforma sarà facile operare, trovare certe professionalità (non solo per profili medio-alti, ma per tutti i livelli), capire le dinamiche con le quali è necessario confrontarsi.
Anche le diverse pubbliche amministrazioni in questo contesto dovranno acquisire adeguate competenze dal momento che i servizi pubblici potranno essere punto di riferimento per l’esercizio delle politiche attive in materia di lavoro. Regioni, enti locali e camere di commercio (queste ultime hanno già una loro competenza in materia di alternanza scuola-lavoro), coordinandosi con i livelli nazionali e con quelli comunitari dovranno supportare il processo di implementazione del nuovo servizio, favorendo così i livelli occupazionali e la mobilità effettiva del lavoro.
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(1) Ad esempio la procedura attivata dal 12 marzo scorso per segnalare, esclusivamente con modalità telematica, la cessazione del rapporto di lavoro, al fine di evitare il ricorso alle “dimissioni in bianco”, non è ancora perfetta e sta creando non pochi problemi nella fase operativa.
(2) “Gazzetta ufficiale dell’Unione europea”, 22.4.2016, L 107.
(3) Rinviamo al sito https://ec.europa.eu/eures sottolineando tuttavia che il portale, già esistente anche in passato, si arricchirà di nuovi servizi quando si sarà data piena attuazione ai principi contenuti nel regolamento (UE) 2016/589 precedentemente citato.
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