Enti locali e derivati: 30 miliardi «appesi» al Consiglio di Stato

Regole. Una sentenza stabilirà se i contratti sono annullabili

Il Sole 24 Ore
1 Giugno 2011
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Sarebbe la soluzione più semplice e indolore per risolvere il problema dei derivati che oggi zavorrano i conti di 476 Comuni, Province e Regioni: annullarli. Far finta che non siano mai esistiti. Farli sparire come in una magia: niente più perdite, niente più commissioni occulte. A giorni questa magia potrebbe diventare alla portata di tutti gli Enti locali italiani. È infatti imminente – forse già oggi – la sentenza del Consiglio di Stato sul caso della Provincia di Pisa, che proprio questo ha fatto: ha annullato d’ufficio tutti gli atti amministrativi e le delibere con cui aveva deciso di stipulare i contratti derivati con Dexia Crediop e Depfa, puntando di fatto sull’annullamento anche dei derivati stessi. Se il Consiglio di Stato dovesse dare ragione alla Provincia, e decretare l’automatico annullamento dei contratti derivati insieme agli atti amministrativi, la “magia” diventerebbe un gioco da ragazzi per tutti: molti Enti locali (si veda articolo a fianco) potrebbero fare lo stesso. Se invece il Consiglio di Stato dovesse dare ragione alle banche, e negare l’automatica cancellazione dei derivati, la “magia” diventerebbe ben difficile. Sembrerà una questione giuridica, ma in gioco c’è il futuro di tutti gli italiani: gli Enti locali hanno infatti in bilancio – stima il Tesoro – derivati per un valore nozionale di 33 miliardi. Atti nulli, contratti in forse I primi Comuni ad avere avuto l’idea di annullare le delibere con cui avevano deciso di stipulare i contratti derivati sono stati Novara, Acqui Terme e tre piccole città umbre (Panicale, Marsciano e Bettona). Per farlo, insieme all’avvocato Tommaso Iaquinta dell’omonimo studio, hanno puntato il dito contro i costi occulti dei derivati e quindi hanno attivato la procedura della cosiddetta “autotutela”, richiamando principi come l’illegittimità e la tutela dell’interesse pubblico. Il problema è che la procedura di “autotutela” permette di annullare solo gli atti amministrativi, cioè le delibere delle Giunte e dei Consigli. Non i contratti derivati: questi ultimi vivono autonomamente e sono sottoposti in via esclusiva alla legge inglese. A dichiararli inefficaci, quindi, dovrebbe essere l’Alta corte di giustizia inglese. Nei casi di Novara, Acqui Terme e dei Comuni umbri, il tutto si è chiuso con accordi transattivi tra i Comuni e le banche (Bnp Paribas e UniCredit): gli istituti di credito hanno acconsentito ad annullare tutto, per cui la vicenda si è chiusa con la restituzione dei flussi di denaro e con una stretta di mano. Nel caso di Pisa, che ha seguito la stessa strada con l’avvocato Pasquale Vulcano, le banche Dexia e Depfa hanno però fatto ricorso al Tar. Il quale ha dato per certi versi ragione alla Provincia e per certi altri alle banche. Da un lato ha stabilito che effettivamente c’era «l’interesse pubblico» ad annullare gli atti amministrativi. Dall’altro ha però negato che questo provochi l’automatica caduta anche del contratto derivato sottostante: morte le delibere, restano dunque in vita i derivati. Sia le banche sia la Provincia hanno fatto ricorso al Consiglio di Stato, che dovrebbe pronunciarsi presto. Ma l’esito non è affatto scontato. Da un lato esiste una recente sentenza (la 11 del 2011) in cui lo stesso Consiglio di Stato aveva decretato la «caducazione automatica» dei contratti in seguito alla procedura di “autotutela” avviata dal comune pugliese di Novoli. Questa sentenza non riguardava però derivati, ma appalti. Se il Consiglio di Stato decidesse però di replicare, per Pisa ci sarebbe l’automatica «caducazione» dei derivati. Esiste però anche una sentenza della Corte di giustizia europea (12 maggio scorso), che in controversie tra Enti locali tedeschi e banche in Germania prevede che prima del giudice locale debba esprimersi quello della giurisdizione a cui è sottoposto il contratto. In questo caso, l’Alta Corte di Londra, dove le banche hanno già portato il caso. Effetti dirompenti Se il Consiglio dovesse decretare l’automatico annullamento dei contratti derivati, per gli Enti locali si aprirebbe una porta enorme: tanti tenteranno questa strada. Basta dimostrare che le banche hanno caricato sui derivati costi occulti oppure la contrarietà con le disposizioni italiane, che la strada dell’annullamento diventerebbe percorribile: i derivati scomparirebbero e con loro le perdite. E questo sarebbe un toccasana per le casse di molti Enti locali. «Il Consiglio di Stato ha sempre dato prova di grande equilibrio – osserva l’avvocato Iaquinta che segue i casi di Firenze e Piemonte -. Siamo in mano ad un giudice che ha ben presenti gli interessi in gioco e che saprà decidere per il meglio». Il problema è capire quali potrebbero essere gli effetti collaterali. Ascoltando vari avvocati, banchieri e il ministero del Tesoro (che però non ha voluto commentare), emerge che le problematiche non mancano. Innanzitutto in futuro le banche internazionali potrebbero avere meno voglia di lavorare con gli Enti locali italiani (o anche con il Tesoro?), per paura che poi questi annullino tutto. «Se dovesse vincere la Provincia di Pisa, verrebbe offuscata la credibilità stessa delle decisioni con cui l’ente ha autorizzato i contratti derivati – osserva l’avvocato di Dla Piper Domenico Gaudiello, che difende varie banche -. La sentenza finirebbe per indurre gli Enti ad abusare dello strumento dell’autotutela in relazione ai derivati. Verrebbe inoltre favorito il potere di un ente locale di ritornare sui propri passi e travolgere gli impegni contrattuali assunti, compromettendo la stabilità del sistema». C’è poi un altro rischio: quello del conflitto tra giurisdizioni. Cosa accadrebbe, infatti, se il Consiglio di Stato italiano annullasse i derivati ma l’Alta corte di Londra li dichiarasse validi? La partita è da giocare. Gli esiti incerti.

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