Tre anni fa ci aveva provato l’allora ministro dell’economia, Tommaso Padoa-Schioppa, compilando un’apposita black list. Qualche settimana fa, in fase di elaborazione della manovra biennale, ci ha riprovato l’attuale inquilino del dicastero di via XX Settembre, Giulio Tremonti. Tutti e due accomunati dal desiderio di porre fine alla parabola settantennale dell’Ente nazionale risi. E invece, come se fosse impermeabile a ogni minaccia di soppressione, l’ente che si occupa di promuovere e tutelare il settore risicolo italiano è ancora tra noi, vivo e vegeto come non mai. A dare prova di questa incredibile vitalità ha contribuito la riunione del consiglio dei ministri della scorsa settimana. In quella sede Giancarlo Galan, a capo del ministero dell’agricoltura che vigila sull’ente, ha proposto la nomine al vertice della struttura di Massimo Camandona. L’indicazione, come di consueto, è stata trasmessa al parlamento. La commissione agricoltura della camera l’ha ricevuta il 13 luglio scorso. A questo punto, però, ci si potrebbe chiedere come avranno reagito i deputati che la compongono. Già, perché soltanto tre mesi fa, per la precisione l’8 aprile del 2010, la stessa commissione aveva ricevuto l’indicazione di un altro presidente dell’Ente nazionale risi. Si trattava, all’epoca, di Marco Mario Avanza, la cui designazione era stata fatta dal predecessore di Galan al timone del ministero dell’agricoltura, ovvero il leghista Luca Zaia (succeduto a sua volta a Galan sulla poltrona di governatore del Veneto). Certo, la doppia designazione può essere vista nel contesto dei dispetti che Galan e Zaia si sono fatti nel momento del passaggio di consegne. Ma sta anche a testimoniare inequivocabilmente che i due, dalle sponde del Carroccio e dell’anima forzista del Pdl, non hanno avuto la benché minima intenzione di assecondare il progetto tremontiano di soppressione. E così l’Ente risi continua la sua stoica resistenza. Esattamente come, almeno per il momento, resiste in sella alla struttura Piero Eusebio Garrione, che guida l’organismo addirittura dal 1994, prima come commissario straordinario, poi come presidente e quindi ancora come commissario straordinario. Naturalmente il salvataggio dell’Ente risi si traduce nel salvataggio di tutte le ramificazioni che lo contraddistinguono. Innanzitutto c’è un consiglio di amministrazione che, presidente compreso, conta 9 componenti, di cui uno designato dalla Conferenza stato-regioni, uno dal ministero dello sviluppo economico in rappresentanza della commercializzazione del riso e due designati dallo stesso dicastero, ma questa volta in rappresentanza della trasformazione. In aggiunta ci sono 4 consiglieri in rappresentanza delle organizzazioni agricole. Oltre al cda non va dimenticata la presenza di un direttore generale, come si apprende dall’organigramma del sito internet. E poi ci sono gli uffici sul territorio: la sede centrale a Milano, il centro ricerche sul riso a Castello D’Agogna (Pv), il centro operativo a Vercelli, una sezione a Ferrara, un ufficio a Isola della Scala (Vr), uno a Oristano, una sezione a Novara, una sezione a Pavia, una sezione a Vercelli e l’ufficio di Mortara (Pv). Per Tremonti e Padoa-Schioppa alla fine è risultato un riso amaro. Per l’ente, invece, si è trattato dell’ennesima vittoria.
Ente risi, inutile ma immortale
Ente risi, inutile ma immortale
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