Edilizia, l’accordo della discordia tra province e presidi

I sindacati chiedono il ritiro dell’intesa: dirigenti schiacciati dalle nuove incombenze

Italia Oggi
9 Luglio 2013
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L’associazione delle province, Upi, riconosce che gli edifici di scuola secondaria di secondo grado, quelli di proprietà delle amministrazioni provinciali, sono per la maggior parte vecchi e costruiti senza il rispetto delle norme antisismiche, pur trovandosi per un terzo proprio in zone sismiche. E così sottoscrive (il 13 giugno scorso) con l’Associazione nazionale presidi, Anp, un’intesa in materia di edilizia scolastica, che provoca un’immediata alzata di scudi non solo degli organismi rappresentativi dell’area V della dirigenza scolastica di Cgil, Cisl, Snals e Uil, che in un comunicato congiunto ne contestano i termini, ma degli stessi sindacati scuola di riferimento, che con una lettera del 19 giugno si rivolgono direttamente ad Antonio Saitta, presidente dell’Upi, per chiedere il ritiro dell’intesa. Questa riguarda gli edifici scolastici delle scuole secondarie di secondo grado, istituti tecnici e professionali e licei, di proprietà delle province, mentre i comuni, che non partecipano all’accordo, sono titolari degli edifici scolastici delle scuole materne, elementari e medie. Upi e Anp, richiamati ruoli e funzioni di province e scuole, convengono sul fatto che sia necessario intervenire per la messa in sicurezza degli edifici scolastici attraverso un piano pluriennale straordinario di interventi, visto lo stato in cui versa il patrimonio edilizio, costruito per il cinquanta per cento prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica e collocato per il 33,70% in aree a rischio sismico e per il 10,67% in aree ad alto rischio idrogeologico. Ritenendo indispensabile un allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno per intervenire efficacemente, le due associazioni chiedono siano utilizzati non i fondi Cipe, l’accesso ai quali richiede un percorso lungo e farraginoso, ma il fondo unico per l’edilizia scolastica istituito con il decreto legge n. 179 dell’anno scorso. Ma l’intesa non ha carattere operativo, né avrebbe potuto averlo, e così deve rinviare ad accordi locali tra province e istituzioni scolastiche, o loro reti, la realizzazione dei buoni propositi dichiarati. E non è comunque la messa in sicurezza degli edifici scolastici l’oggetto di tali eventuali accordi ma la loro manutenzione ordinaria e il pagamento delle utenze elettriche e telefoniche. Il finanziamento degli interventi di manutenzione sarà ovviamente a carico delle province e sarà quantificato in base a una lista di indicatori condivisi preventivamente fra Anp e Upi, mentre le scuole dovrebbero gestirne la finalizzazione. Quanto alle utenze, le istituzioni scolastiche, alle quali le province attribuiranno budget commisurati al consumo storico, potranno disporre a proprio favore della differenza di imposizione Iva sulle utenze elettriche, che quindi andranno loro intestate, e del cinquanta per cento delle eventuali economie realizzate sulle utenze telefoniche. La messa in sicurezza degli edifici, il finanziamento e la gestione dei relativi interventi restano a carico delle province, che con le scuole dovranno però concordarne priorità e pianificazione. Gli ultimi articoli dell’intesa definiscono i rispetti interventi promozionali e facilitatori della stipula di accordi locali e istituiscono un osservatorio permanente, simile a quello previsto dalla legge n. 23 del 1996. La quale legge, più che l’intesa, è la sola fonte che in definitiva legittima gli accordi locali, poiché riconosce alle scuole la possibilità di richiedere e all’ente locale di delegare “funzioni relative alla manutenzione ordinaria”, art. 3, quarto comma. Funzioni, dunque, non l’intera gamma degli interventi, questi e quelle sottoposti ogni caso alla preventiva autorizzazione dei consigli d’istituto, sia per gli aspetti giuridico – istituzionali sia per quelli economico – finanziari. Le altre organizzazioni sindacali da un lato contestano che l’Associazione nazionale dei presidi guidata da Giorgio Rembado, si sia impropriamente attribuita la rappresentanza delle istituzioni scolastiche e che l’Upi abbia deciso di sottoscrivere un’intesa con una sola organizzazione sindacale, dall’altro temono che l’attenzione dei dirigenti scolastici possa essere assorbita dalla gestione di accordi su materie che non costituiscono il nucleo principale delle loro competenze e funzioni, distogliendoli dai prioritari impegni richiesti dal coordinamento istituzionale dell’azione didattico – educativa delle scuole per il conseguimento e il miglioramento degli standard di qualità dell’istruzione e degli altri servizi erogati. E denunciano come il moltiplicarsi incontrollato delle incombenze assegnate alle scuole, lungi dal costituire una valorizzazione del ruolo dei dirigenti, rischia di aumentarne in modo insostenibile carichi di lavoro e responsabilità. Il caso minaccia di riaccendersi con l’avvio del nuovo anno.

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