Sulla salute non si discute, o almeno non si dovrebbe. È il punto di non ritorno, l’ultima voce alla quale si pensa quando si tratta di limare un bilancio familiare. Eppure, l’anno scorso, in Italia oltre un milione di persone si è impoverito a causa delle spese sanitarie. Oltre tre milioni d’italiani, per curarsi, hanno investito cifre proibitive rispetto al reddito. Oltre cinque milioni hanno ammesso di aver avuto difficoltà ad accedere alle cure di cui avevano bisogno. I molti casi si tratta di pensionati, ma aumentano anche le famiglie con bambini che rinunciano ad una visita specialistica o all’apparecchio per i denti (se i figli sono tre o più, nel 5 per cento dei casi il bimbo si tiene gli incisivi storti e nel 15 per cento almeno uno dei genitori non pensa più alla sua bocca). Ecco perché anche nella sanità, come per gli aerei, comincia a svilupparsi un settore low cost. L’offerta è ancora ridotta, ma le cifre per lanciare il business dei costi ridotti ci sono tutti: la stima della spesa sanitaria italiana si aggira sui 130 miliardi, di cui oltre l’80 per cento riguarda il Sistema Sanitario Nazionale. La quota privata, meno del 20 per cento, è in larghissima parte sostenuta direttamente dalle famiglie (le coperture assicurative sono poco diffuse). Risparmiare si può: «fino al 30 per cento», così sostiene il rapporto sulla sanità di Assolowcost, l’as-sociazione che riunisce aziende e strutture di servizi che s’impegnano ad abbassare i costi mantenendo alta la qualità. «Una famiglia media (quattro persone) – si legge nello studio – spende in cure sanitarie circa 113 euro al mese, di cui 37 solo in farmaci. Adottando modelli low cost, tale spesa scenderebbe di circa il 30 per cento e la spesa per i farmaci si ferma a 25». Ora è chiaro che non a tutto c’è una soluzione a basso costo. Le strutture che aderiscono all’associazione e al suo rigido codice etico – per quanto riguarda il campo medico – sono concentrate soprattutto al Nord e operano in due campi essenziali: l’odontoiatria e le cure psicologiche – psicoterapeutiche. Settori dove la sanità pubblica interviene poco (l’85 per cento degli italiani paga il dentista di tasca sua) o solo per i casi più gravi. Le strutture low cost (cliniche o studi medici associati) – secondo l’associazione che le riunisce – garantiscono un risparmio sulle cure private fra il 10 e il 40 per cento. Nate per far fronte alla fuga di potenziali clienti verso Paesi che garantivano cure a spese più basse, pur non andando troppo per il sottile quanto a qualità (nel Nord-est i piccoli centri organizzavano i pullman per portare vecchi e giovani a farsi dentiere e “ponti” in Slovenia) si stanno lentamente diffondendo anche nel resto del territorio. Due le strutture di punta: Progetto Dentale Apollonia e amicodentista.com. Entrambe stanno aumentando i fatturati con percentuali a due cifre, garantiscono risparmi grazie ad economie di scala, acquisti concentrati, utilizzo in modo intensivo delle “poltrone” (i pazienti sono fra i 120 e i 150 al giorno). Una sorta di «catena del valore» che punta al pieno utilizzo della struttura e i risultati – assicura Assolowcost – si vedono. Apollonia, per esempio, nelle strutture friulane in cui opera, garantisce un impianto per 490 euro (il costo tradizionale è di 2.200 euro) e un’estrazione a 45 euro (contro i 160 richiesti in una struttura tradizionale). Al Centro Medico Sant’Agostino, che opera a Milano, oltre ai dentisti, operano low cost anche gli psicoterapeuti: una seduta costa 35 euro contro i 60-120 richiesti nel settore privato. «Le visite specialistiche – fa notare il rapporto – costano 60 euro, il doppio del ticket chiesto in Lombardia, ma il numero di pazienti continua a crescere», forse per la buona qualità e per le attese ridotte.
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