Sono i giovani alti burocrati dello stato. Segretari, diplomatici, direttori generali, capi dipartimento. Hanno meno di 45 anni e sono alle leve di comando di ministeri importanti, consiglieri di elezione di politici di vario colore, in ascesa a dispetto dei cambi di governo. Si sono incontrati ieri in una ventina, complice l’organizzazione dell’Agdp, l’associazione dei giovani dirigenti pubblici a cui molti di loro aderiscono, a una colazione di lavoro nella prestigiosa sede del circolo ufficiali di palazzo Barberini («una sede comoda, silenziosa e raggiungibile da tutti», spiegavano). E, davanti a un piatto di bresaola e rucola, hanno delineato una vera controriforma della pubblica amministrazione. Nella consapevolezza che con una manovra di soli tagli si rischia di non risparmiare come si vorrebbe e al tempo stesso di ingessare le funzioni che le amministrazioni centrali e periferiche dovrebbero svolgere. Una riforma complessiva della pa, invece, è quella che serve. E si sono impegnati a buttarla giù («con spirito di servizio»), una sorta di libro verde degli sprechi esistenti e dei miglioramenti possibili. Da portare all’attenzione dei ministri competenti. Le disposizioni della manovra del responsabile dell’economia Giulio Tremonti, e la riforma della pa del ministro della funzione pubblica, Renato Brunetta, sono state passate ai raggi x. «Troppi tagli lineari, mentre manca un ridisegno complessivo delle funzioni», dicevano, «così rischiamo di continuare a pagare tanto per prestazioni che non possiamo più erogare». E intanto ci sono alcuni sprechi abnormi. «Lasciamo da parte la lotta all’assenteismo», ragionavano, «battaglia giusta, ma quanto risparmiamo? E poi ci sono uffici periferici dei ministeri che intanto restano semi vuoti, visto il blocco delle assunzioni». La media stimata è di spazi di 200 metri quadrati a dipendente. Troppo, «meglio unificare gli uffici, snellire le strutture». E poi ci sono dipartimenti ministeriali tarati su funzioni che lo stato, alla luce del titolo V della Costituzione, non possono più svolgere. «Modifichiamo l’assetto dei ministeri, molte direzioni potranno occuparsi solo di monitoraggio sui costi standard». Tra un bicchiere di bianco e tanta acqua, serpeggiava poi la preoccupazione che i risparmi previsti dalla manovra non possano essere raggiunti. Alcune misure sarebbero di dubbia costituzionalità. Come, per esempio, il blocco delle progressioni di carriera che di fatto consente di dare promozioni ma senza il relativo aumento di stipendio per tre anni. Si rischia di rimetterci, dicevano alcuni, visto che c’è già chi sta affilando le armi giudiziarie. Basta una causa vinta e tutti correranno dal giudice. Così «si pagheranno gli aumenti non dati e pure gli interessi». Nel mirino anche la riforma previdenziale: quella fatta con la manovra è poca cosa al confronto, «serve un ente previdenziale unico, che accorpi Inps, Inpdap e Enpals». Tra le note dolenti, le province, «andavano abolite da un pezzo», e alcuni enti di ricerca, «sono eccessivamente parcellizzati, vanno accorpati». Altri enti poi sono da abolire subito, Aci in testa. Il prossimo appuntamento è per la ripresa, a settembre.
Ecco il partito dei giovani burocrati Pronti alla controriforma dello stato
La strategia messa a punto durante una colazione al circolo ufficiali di Palazzo Barberini
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